I Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva e la Polivisione

del Dott. Giacomo Brandi e della Dott.ssa Francesca Piccari

Parla un TNPEE.

Qualunque tipo di lavoro con i bambini, sia esso educativo, riabilitativo, di accudimento genera nell’adulto dubbi e domande; di ogni tipo e forma…

La domanda che mi pongo oggi è:

dal punto di vista clinico, sono utili a livello professionale le polivisioni / supervisioni ad un Terapista dell'Età Evolutiva?

Per la mia esperienza mi viene da rispondere semplicemente: si.

Perché?

Ecco, questa domanda è meno semplice. Potrei porre la questione su diversi livelli, anzi credo che sia dovuto. In un rapporto terapeutico i giocatori principali sono tre: il terapista, il bambino e la terapia.

Il terapista quando si trova nella stanza col bambino diventa un po’ un giocoliere, deve imparare a muoversi su diversi piani e trovare il giusto equilibrio per tenere insieme ogni competenza.

Deve far sì che ogni piano si intrecci e si INTEGRI con gli altri.

 

È proprio l’aspetto dell’integrazione che è senza ombra di dubbio quello più importante nell'intervento riabilitativo, ed è ciò che contraddistingue la figura del terapista dell’età evolutiva da altre figure che si occupano di riabilitazione.

I piani a cui mi riferisco possono essere così semplificati:

  • Linguaggio
  • Motricità
  • Emotività

Mi rendo conto che è un'individuazione molto grossolana, ma ci permette di agevolare la descrizione senza banalizzare il pensiero.

 

Un'analisi per "piani" dello sviluppo del bambino è ovviamente un artificio clinico, che serve, appunto, a semplificarne la descrizione, e quindi anche la comunicazione di questa con altri membri dell'equipe; le Valutazioni che noi Terapisti stiliamo, infatti, sono divise per aree, ed è una convenzione utile nel momento in cui un nostro collega si serve della nostra valutazione prima di iniziare un trattamento.

 

Anche i Piani Terapeutici hanno questa suddivisione.

Parliamo di una convenzione che non deve essere abbandonata, una convenzione che deve rimanere tale.

Una ripartizione in aree o piani, che deve però essere mantenuta solamente sulla carta.

Nel momento in cui si appronta un piano terapeutico, nel momento in cui il bambino è con noi nella stanza di terapia, il Riabilitatore deve aver bene in mente che il bambino non è scomposto per aree, né per piani, ma che quei livelli da noi individuati per definirne il profilo di sviluppo, sono fortemente intrecciati, interdipendenti.

Il terapista deve sapersi muovere tra i vari piani, trovare ed intrecciare i fili e spesso può rischiare di perdersi e di navigare a vista perdendo la meta.

Nella stanza della terapia non è richiesta solo la tecnica. Un aspetto, spesso sottovalutato, o per lo meno preso poco in considerazione, sia dai Terapisti, ma anche da molte altre figure professionali dell'equipe, è la Relazione.

Quanto un Terapista è preparato dal suo percorso universitario ad affrontare il gioco della relazione?

Poco. Molto poco.

Gli strumenti per potersi preparare, per provare ad essere pronto, vengono dati, sotto la forma di "domande" e di "dubbi"; "domande" e "dubbi" che il Terapista deve essere in grado di capire essere sue, non del bambino né tantomeno dei genitori.

 

Gli incontri di Polivisione possono aiutarci a non perderci e a sostenerci. In che modo?

Assumendo diverse prospettive, fornendo occhi diversi di diverse figure professionali e di diverse persone. Ci permette di portare le nostre domande, sostiene i nostri momenti di smarrimento e alcune volte ci aiuta ad intravedere di nuovo gli obiettivi prefissati.

Sicuramente non darà risposta ad ogni nostro dubbio, ma aiuta a rendere più chiare le nostre domande e ci indirizza verso un percorso, anche Terapeutico, più corretto.