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Tracce per l’incontro del 20/01/2024

"Sparizione e ricomparsa"

“Un giorno feci un’osservazione che confermò la mia ipotesi. Il bambino aveva un rocchetto di legno intorno a cui era avvolto del filo. Non gli venne mai in mente di tirarselo dietro per terra, per esempio, e di giocarci come se fosse una carrozza; tenendo il filo a cui era attaccato, gettava invece con grande abilità il rocchetto oltre la cortina del suo lettino in modo da farlo sparire, pronunciando al tempo stesso il suo espressivo «o–o–o»; poi tirava nuovamente il rocchetto fuori dal letto, e salutava la sua ricomparsa con un allegro «da» [«qui»]. Questo era dunque il gioco completo – sparizione e riapparizione – del quale era dato assistere di norma solo al primo atto, ripetuto instancabilmente come gioco a sé stante, anche se il piacere maggiore era legato indubbiamente al secondo atto. L’interpretazione del gioco divenne dunque ovvia. Era in rapporto con il grande risultato di civiltà raggiunto dal bambino, e cioè con la rinuncia pulsionale (rinuncia al soddisfacimento pulsionale) che consisteva nel permettere senza proteste che la madre se ne andasse (…) “In ogni caso da queste discussioni emerge il fatto che per spiegare il giuoco non è necessario supporre l’esistenza di una particolare pulsione imitativa. Per concludere, possiamo ancora ricordare che la rappresentazione e l’imitazione artistica degli adulti, a differenza di quelle dei bambini, sono indirizzate alla persona dello spettatore e, pur non risparmiandogli le impressioni più dolorose — nella tragedia per esempio — possono tuttavia suscitare in lui un godimento elevatissimo.  Ciò è una prova convincente del fatto che anche sotto il dominio del principio di piacere esistono mezzi e vie a sufficienza per trasformare ciò che in sé è spiacevole in qualcosa che può essere ricordato e psichicamente elaborato.”[1]

In questo caso vedete che, ancora prima dell’introduzione del no, del rifiuto dell’altro, in cui il soggetto impara a costituire la negativizzazione del semplice appello, la manifestazione di una semplice coppia di simboli di fronte al fenomeno contrastato della presenza e dell’assenza, cioè l’introduzione del simbolo, capovolge le posizioni. L’assenza è evocata nella presenza e la presenza nell’assenza. Sembrano sciocchezze e banalità. Ma bisogna ancora dirle, e rifletterci sopra. Infatti, nella misura in cui il simbolo permette questa inversione, cioè, annulla la cosa esistente, apre il mondo della negatività, che costituisce contemporaneamente il discorso del soggetto umano e la realtà del suo mondo in quanto umano." [2]

[1]Freud S., Al di là del Principio del piacere Bollati Boringhieri – 1920
[2]Lacan J, Il seminario. Libro I. Gli scritti tecnici di Freud. 1953-1954, trad. it. A. di Ciaccia, Einaudi ed. 2014

 

"Alternanza di assenza e presenza"

di Nicola Basile

Seguendo il filo dell’elaborazione dell’assenza, prima materna e poi paterna, presente nell’osservazione di Sigmund Freud di un bambino, anche nel gruppo di psicodramma viene riproposta l’alternanza del principio di piacere con conseguente dispiacere che nel giuoco trova una possibile elaborazione. Le distanze misurabili in misure di tempo o spazio aggrediscono il ricordo di relazioni profonde, caratterizzate da assenza e indisponibilità all’incontro. La loro rievocazione in un piccolo gruppo, le rende pubbliche e le rimette a disposizione del piacere, fin lì considerato solo come dispiacere. Il piacere se ingabbiato solo dal carburante di pulsioni infantili, necessarie per i processi di attaccamento e separazioni dalle figure genitoriali, non riesce a esprimere le potenzialità che si trovano nella creatività del soggetto uomo, coniugato al femminile come al maschile. La vita adulta si confronta con l’in-esistenza del nucleo familiare originario: poiché ciò che è esistente in ciascuno di noi, è ancora dentro (in) il proprio nucleo familiare originario; al tempo stesso ciascuno sente l’esistenza del piacere vissuto da figli come una dolora assenza. La emersione-riemersione di quel piacere deve confrontarsi con il mondo delle emozioni pulsionali che esso porta in corredo; quindi, se ciascuno è immerso in quell’universo di passioni e affetti (in) per poterlo elaborare deve uscire (exire) per poter essere diverso, separato e riconoscerlo.
L’uscire comporta una frustrazione del desiderio che tutto rimanga immutabile: legami desideranti con il padre come con la madre del figlio o della figlia che devono così controllare le assenze materne e paterne. In altre parole, per poter vedere la curvatura della terra, devo uscire dalla toposfera di almeno tre km, raggiungendo l’altezza di almeno 20 Km nella stratosfera, da dove la potrò osservare mentre tutti gli altri si prendono il godimento di calpestarla.

"Nascita"

Non esiste bambino o bambina che sia cresciuta che non abbia dovuto affrontare questo primo immenso dramma. Il primo incontro con la vita è uscire da un tunnel e una volta fuori affrontare il bruciore dell’ossigeno che attraverso la trachea riempie i bronchi.[3] Con l’assenza dell’appagamento si è potuta strutturare l’originaria dipendenza dalle cure materne. Alla morsa della fame sarà seguito l’appagamento e con esso l’instaurarsi di un ritmo tra pieno e vuoto, tra angoscia e soddisfacimento. In qualche misura sulla base della esperienza originaria nel sopportare la distanza tra un pasto e l’altro, si sarà andata strutturando proprio la possibilità di realizzare i progetti che richiedono impegno, fatica, assenza momentanea del piacere per ottenerne uno che si presenta da costruire e lontano ogni volta che lo si è raggiunto. Quella esperienza richiede che l’altro esista, che l’altro comunichi al bambino la sua esistenza attraverso le parole, che l’altro sia assente per poi essere presente. Se non c’è la madre che nutre il corpo del bambino, il bambino muore, se il bambino non viene alimentato attraverso la parola, muore il suo pensiero.” Ci si trova comunque ad uscire da un luogo simbolico per poter scoprire quanto interessa al soggetto, bambina/o, adolescente, adulto, che non è possibile reperire restando rinchiusi.

[3] Nicola Basile - Intervento alla “Città Educativa” – 28/04/05 - Roma

"Exire e il Primo passo"

 

“L’ignoto per statuto è in-conoscibile mentre noi conosciamo per mezzo di progressivi riconoscimenti che albergano in luoghi della nostra mente, non sempre raggiungibili. È utile qui pensare all’etimo della parola uscire: “Exire con sovrapposizione di uscio che deriva da ostium, entrata, bocca. “Il peggio passo è quello dell’uscio fig. il momento più doloroso è quello del distacco. Andare o venire da un luogo chiuso, dirigersi verso il mare aperto, uscire di scena, saltar fuori detto di cosa o persona che appare fisicamente o comunque manifesta la propria presenza in modo inaspettato, brusco, rapido stupefacente” Il primo passo è quello che abbiamo un giorno dovuto fare per separarci dalla stretta della mano che ci sosteneva. Forse siamo caduti, forse qualcuno ci ha sorretti. Se siamo caduti qualcuno ci ha aiutato a non farci del male, così da permetterci di rialzarci e riprovare di nuovo. “Perché la libertà presenti delle attrattive a un bambino, deve essere misurata e al tempo stesso promettere e portare delle sorprese che, mentre pongono un eventuale problema di adattamento, gli permettono di ritrovare se stesso, nel pieno possesso dei suoi mezzi, ricco di un'esperienza passata che gli ha dato un pia­cere e un apprendimento che lo aiutino. Anziché regredire in maniera fobica, egli acquista così una maggiore fiducia in sé e negli altri”[4]

[4]idem

"Il gioco del rocchetto"

 

Nel famoso gioco del rocchetto Freud osserva un processo di simbolizzazione del lutto che un bambino deve operare per sopportare l’assenza del corpo materno e manifestare la sua gelosia nel poterla possedere, considerato che il padre in quella fase era assente per un periodo non di certo breve. La lontananza della mamma era il fort, dare via, il riprendere il rocchetto da, riprendere, era poter controllare l’assenza. Ecco che comincia a strutturarsi un linguaggio del desiderio, come leggiamo in Lacan, nel soggetto che lo trasforma in un dire simbolico attraverso il gioco (drammatico) e la provocazione (dare voce a favore di e per qualcosa). Al bambino, come all’adolescente e all’adulto non potrà esser dato di godere di tutto, l’arte, l’interesse, lo sviluppo della capacità di attendere, permetteranno lo sviluppo del mondo simbolico, che si fa passione al posto della pulsione, si fa scelta al posto del godimento onnipotente di tutto ciò che è effimero.

 

"Padre e madre inizio e fine del filo"

Se le affermazioni fin qui hanno cercato di definire un campo immaginario del mondo pulsionale del figlio/figlia, all’altro capo di quella relazione c’è la madre, tanto quanto il padre. Il padre fin dalle prime relazioni oggettuali fa da testimone all’arrivo del terzo, della sua genesi e nascita e infine morte come parte del corpo materno; la madre deve mentalizzare che con il parto, non sarà più completata dal meraviglioso processo che l’ha portata a concepire una vita altra da lei, il nascituro non sa che per vivere deve fare affidamento anche al desiderio di vita di un uomo e una donna che lui trasformerà in padre e madre. Ognuno di questi passi[5], lascerà degli scarti nel femminile come nel maschile poiché per ospitare il terzo, l’uscio va simbolicamente lasciato aperto, rinunciando al solo fantasticare, anche quando si sceglierà di non essere padri e madri.

[5]Il peggio passo è quello dell’uscio

"Qualcosa sulla coppa pubblica e privata."

 

“Durand ritiene che dai tre riflessi dominanti sia possibile risalire alle strutture dell’immaginario, ossia ad aggregazioni di simboli isomorfi che convergono intorno a nuclei organizzatori, costituiti dalle matrici senso-motorie. La dominante posturale dà vita alla struttura schizomorfa, che comprende tanto le materie luminose (l’alba, i raggi del sole, le scaglie dorate), quanto i rituali di purificazione e le tecniche di separazione, di cui le armi, le frecce, le spade sono i simboli più frequenti. Il secondo riflesso, legato alla nutrizione e alla discesa digestiva, genera la struttura mistica, alla quale è possibile riferire il grembo, la caverna, la coppa e l’urna. I riflessi ritmici, invece, si proiettano nella ciclicità delle stagioni, incarnandosi in simboli (l’arcolaio, la zangola, l’acciarino) che possono essere inglobati in una struttura ritmica”[6]

[6]https://www.sitosophia.org/2020/12/gilbert-durand-e-le-strutture-antropologiche-dellimmaginario/

"Il setting e la funzione di riciclo degli scarti."

Se la coppa rimanda immediatamente al sincero contenuto che risolve la sete, la stessa è possibile trovarla come contenitore di ciò che è privato allo sguardo di tutti, un privato raccoglitore di rifiuti che protegge dallo sguardo altrui, un water. In entrambi i casi, la forma della coppa, si fa nell’immaginario la più attraente possibile, così da indurre Duchamp a realizzare diverse copie di un oggetto, il cui uso in origine era destinato alle toilette maschili. La coppa, dunque, può essere il seno benigno e nutriente come l’altrettanto benevolo e indispensabile contenitore di resti, fino a divenire opera dell’ingegno artistico. In tutti i casi abbiamo necessità di coppe come seni che nutrano e come contenitori di ciò che disperso nell’ambiente, geografico come in quello della psiche, inquinerebbe. Coppa e setting psicoanalitico individuale e in gruppo di Psicodramma sono metafore l’uno dell’altro. In gruppo è più evidente il compiersi di un processo di riutilizzo di sentimenti invidiosi infantili che possono essere posti in vita poiché contenuti dall’ascolto benevolo del gruppo: sull’asse dell’orizzontalità dai fratelli e sorelle immaginari, incarnati dai partecipanti; sull’asse della verticalità dal padre e madre, incarnati dalla coppia degli psicoanalisti. Affinché il setting in gruppo Psicodramma Analitico, svolga la sua funzione di valorizzatore dei resti di ciascuno, è necessaria la presenza[7], il limite dello spazio-tempo che rendono possibile il lavoro di trasformazione delle pulsioni.

[7]La presenza è anche data dal poter comunicare in setting a distanza, come è stato sperimentato durante il lockdown, purché lo spazio di lavoro sia privato da interferenze della vita quotidiana.

 

 

Bibliografia

Basile N. - Intervento alla “Città Educativa” – Roma – 2005
Durand G., https://www.sitosophia.org/2020/12/gilbert-durand-e-le-strutture-antropologiche-dellimmaginario/
Durand G., Le strutture antropologiche dell’immaginario – ed. Dedalo – 1973
Freud S., Al di là del Principio del piacere Bollati Boringhieri – 1920
Lacan J, Il seminario. Libro I. Gli scritti tecnici di Freud. 1953-1954, trad. it. A. di Ciaccia, Einaudi ed. 2014

Come accedere al percorso formativo delle SIPsA?

La SIPsA è organizzata in Centri Didattici.

Il Centro Didattico Aletheia di Roma per l’anno 2023-2024 si è proposto di attivare il Laboratorio di psicodramma analitico di Primo Livello, mensile, un sabato al mese, per favorire la fruibilità.
Coloro i quali, al termine di questo primo laboratorio, mostreranno interesse a proseguire, potranno portare avanti l’esperienza analitica in gruppo anche l’anno successivo. Coloro i quali hanno la qualifica professionale, potranno inoltre sperimentarsi nella posizione di animatore e di osservatore per mezzo della supervisione dei formatori SIPsA.

A chi è rivolto l’incontro mensile del laboratorio di I livello?

È aperto.

Quale è il suo obiettivo?

Ogni domanda cerca una soluzione la cui risposta richiede l’altro. Ciò implica la capacità di attingere alle proprie competenze umane che mutano nel corso del tempo. Poiché non tutte le domande trovano una definizione, né tutte le risposte sono esaurienti, si originano strati di interrogativi che vengono riposti e dimenticati, richiedendo un gravoso dispendio di energie emotive e cognitive solo per conservarle. Avere un luogo e un tempo per poter rappresentare i propri “incompresi” e a volte “incomprensibili” bisogni, personali o professionali rende meno energivoro il lavoro della psiche. Nel gruppo di Psicodramma analitico gli interrogativi sulla realtà del vivere e il vissuto del sogno vengono rivolti alla coppia di analisti, trovando un interlocutore in loro come nei partecipanti. Il gioco psicodrammatico conduce allo svelamento di ciò che nel tempo è stato accantonato e dimenticato, rendendolo materiale riutilizzabile. L’esperienza che si ripete, come la domanda che non ha soluzione perdono la qualità di ostacolo. Infine, grazie alla dimensione corale del setting, ciascuno individua nel tempo originali percorsi di ricerca personali e professionali, potendo utilizzare le risorse celate nell’inconscio.

Chi animerà gli incontri?

Nicola Basile, psicoanalista, didatta SIPsA, lavora a Roma, nello studio “Nuovi Percorsi” in via A. Borelli di Roma di cui è fondatore. Cura dal 2005 il sito https://www.nuovipercorsi.it/.

Alessandra Corridore, Psicoterapeuta, Psicologa Analista con funzione di docenza C.I.P.A.  (Centro Italiano   di   Psicologia   Analitica),   socio I.A.A.P.   (International   Association   for   Analytical   Psychology), associato   SIPsA .   

Dove e quando si svolgerà il prossimo incontro ?

A Roma in via Nomentana 333 C, con il seguente orario:

  • 9,00 -  apertura 
  • 9,15 - 10,30   -  prima seduta
  • 10,30 - 10,45   -  break caffè
  • 10,50 - 12,05  -   seconda seduta
  • 12,10 - 13,10  -   pausa pranzo
  • 13,15 - 14,40  -   terza seduta
  • 14,45 - 16,00  -   quarta seduta

 

Date dei successivi incontri:
20 gennaio 2024
24 febbraio 2024
16 marzo 2024
6 aprile 2024
11 maggio 2024

 

Costo?

Dal 21 ottobre il costo è di € 100 mensili.

Informazioni e Iscrizioni

Nicola Basile

• cell. 3296322722 (lasciare messaggio su whatsapp per essere richiamati)

• mail: nibasile@libero.it

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