Categoria: comunità

“Riverberi ”

... da un incontro di Polivisione con lo Psicodramma analitico

Introduzione al seminario di Polivisione del 11/03/2022 - h 20,00 - 21,30.
di Nicola Basile
responsabile centro didattico Aletheia della S.I.Ps.A ,
fondatore dello studio e del sito web "Nuovi Percorsi"- via Borelli 5 - Roma.

“La mia patria è qui
dove libertà e legge
non hanno bisogno di custodi
perché sono parte dell'uomo
della terra;
qui dove le case
non hanno cancelli
reti o muri intorno
ma l'uscio sempre aperto;
dove il nascere
il vivere
il morire d'ognuno
è per tutti
un grande evento."

da: RIVERBERO
poesie e racconti di Paolo Bassani.
"Alla volta di Leucade"

Brevissima premessa

Prosegue il lavoro di ricerca sul nucleo tematico "Famiglia". In questi giorni siamo oppressi dalla frammentazione della famiglia Europa il cui mito nasce proprio da un rapimento. Il rapimento di una lembo di territorio europeo da parte di una componente della cultura, arte e religione dell'Europa stessa è fatto gravissimo e, a differenza del mito, non fonda alcunché ma tende alla distruzione.
Per le vittime che in queste ore disseminano di corpi inerti l'Ucraina, per le speranze spezzate di essere fratelli e sorelle che possono lasciare gli usci aperti, credo importantissimo proseguire nell'opera di "Riverbero" delle parole che abbiamo esplorato il 5 febbraio 2022, utilizzando il dispositivo dello Psicodramma Analitico.
Le ho lasciate come fossero paragrafi di un testo ancora da scrivere, missive da un fronte che non hanno il tempo, né l'occasione per essere ampliate. Il soldato Montale strappò dalle trincee della prima guerra mondiale, all'orda mortale del capitalismo guerrafondaio, le sue parole di poesia. Rubo al poeta Paolo Bassani l'incipit e il titolo.

 

Maggiore età e divorzio

Maggiorenne, completati gli studi magistrali, ottenuta una borsa di studi, deve andare via dalla sua regione. È la sua occasione per aprirsi al mondo. La norma le impedisce di viaggiare da sola. Viene accompagnata dal fratello minorenne. A tornare a casa da solo sarà il fratello, ancora bambino.
Storia di mezzo secolo addietro.

La prima donna della sua cittadina a divorziare.

Maggiorenne, in procinto di partire per un viaggio con il fidanzato, si ritrova sottoposta a un veto dalla madre. Non partirà.
Le Americhe non sono più distanti dal continente della Sicilia.

Tradizione e storia

La tradizione di preparare la figlia alla vita, si legge solo come malessere.
Sappiamo che qualcosa di profondo agisce divenendo cultura, sa di malessere come di benessere. Le donne erano molto evolute, una nonna materna insegnava alle elementari, aveva una governante e non eravamo che all’inizio del ‘900.

Oliva, personaggio omonimo del libro, corregge la maestra.
Oliva si prende cura di tutti, non cammina nelle stesse scarpe che altri le avevano dato.
In nome della tradizione nessuno può essere chi è.
Benessere e malessere sono oscillazioni.

Storia e rappresentazioni

La storia non è sempre storie di vita, va letta e ricordata, memoria di storie di morte come di vita.
Le rappresentazioni della storia sono sottoposte a un utilizzo, torsione della storia verso finalità di sottomissione della massa a un potere.

La politica può occuparsi di tutto e si mette a leggere le storie e si ritrova a farne un uso.
Nella polis non si parla d’altro.

Il soggetto proviene da una pluralità di tempi, per continuità contrapposte a discontinuità. Non può essere mai copia dell'altro. Ciò la storia fatica a rappresentarlo e la politica a dirlo.

La voce del padre: libri e non solo.

A commuoversi è il padre di Paddy (personaggio del libro Paddy Clarke, ah, ah) perché egli può dare al figlio indicazioni geopolitiche sulla provenienza. Il figlio può riconoscere nel padre la sua origine, stenta però a riconoscere le mappe.

Il padre di Oliva Denaro (nome e titolo dell’omonimo libro) può camminare con lei a piedi nudi, agitando l’equilibrio dato dal divieto. L’incontro è una ribellione a una legge di stampo materno.

In un libro un bambino viene riempito di botte dal padre, quel bambino trova la sua stabilità facendo il pugile, forte dell'odio.
Il pugile lavora con i disabili e durante una notte di incubi, sogna di uccidere proprio quello a lui più vicino. Al mattino il bambino picchiato, divenuto pugile e operatore, riceverà una lettera di amicizia dal disabile.

Va con i figli a chiamarlo. Lui le getta in aria i soldi che ricadono pesantemente in terra. Madre e figli li raccolgono. Storia di fine '800.

Nell’abisso di voci di donne, quella del padre, assente, flebile, colpevole, eroica, turba l’equilibrio.

Immigrazione


Nella famiglia ciascuno è un immigrato senza documenti, clandestino a se stesso.

Nella famiglia parole per rispondere a domande non sempre sono a disposizioni. Quella per avere i documenti non trova accoglienza.

Le parole non impastano pane ma futuro. Senza parola, il soggetto rischia di morire di inedia alla tavola imbandita.

Fiabe e favole


Ci sono film o racconti basati su una ricerca di parole che non si trovano. Si possono trovare parole parziali fallaci, per parlare di separazioni, malattie come di gioia e stupore. Ci sono favole studiate da adulti che veicolano dinamiche interne e universali. In queste favole l'epilogo è universale. Il soggetto passa dall'individuale a uno dei tanti collettivi possibili.

Anche il poeta non sa rispondere alle domande della sua poesia ma le sa scrivere per gli altri.

Fratelli e sorelle

Spedita via, spedito via, esordio della sua malattia, non ci possiamo incontrare. Lei mia sorella, lui mio fratello è, sono, siamo dietro una porta di un SPDC. La legge che vieta l'incontro si legge "TSO".

Il padre ringhia al vento: - Siamo a posto, adesso.

Io non sono il vento, sono il fratello, sono la sorella, sono il figlio, sono la figlia,  sono il padre, sono la madre.
Ho imparato a usare la parola e a non farmi beccare dalla legge che chiude le porte e lancia anatemi e guerre. Il becco lo lascio agli uccelli, ne fanno un buon uso.

Rimozione


A raccontare storie ci si accorge che in quella storia che hai vissuto, sarebbe stato meglio fare qualcos'altro. E non va proprio giù che non ci hai pensato.

Te ne accorgi, ricordandola a qualcun altro che prova ad ascoltarti.
Se l’altro sarà un buon ascoltatore, quella storia potrà andare nella rimozione.

La rimozione è la fucina delle storie.

Carichi e responsabilità


Il bambino o la bambina sente il carico della responsabilità che dovrebbe esser portato da spalle più grandi. Accade tuttavia che quel peso, venga trasmesso tutto, senza sconti, all’infanzia.
L’infanzia non ce la fa a sostenerlo e deve portare il senso di colpa per non essere riuscita a farlo.

Se qualcuno si prende la briga di ricordare che i bambini e le bambine non hanno il compito di assumere le zavorre degli altri, le bambine e i bambini ce la faranno a ricordare e potranno riporre nella rimozione il dolore.

Se non c’è alcuno ad ascoltare l’infanzia, i bambini e le bambine saranno adulti infantili.
Quegli adulti non saranno in grado di essere accoglienti con l’infanzia, forse perché non riescono a raccontare la loro storia.

  • È bellissimo staccare la spina - dice una donna che sviene guardando il suo sangue.

Mani di ghiaccio, nero e colori.

Le mani di ghiaccio fanno venire in mente l'impossibilità di un ballo a due. Alcuno prenderebbe tra le sue lamine senza colore.

Quando non si è visti, lo sguardo dell'altro ti può definire come vuole malata, bella, svergognata. Lo sguardo può farti a pezzettini.

I colori possono diventare, sovrapponendosi, solo nero, il nero può prendere tutti i pezzi. Il nero è un colore. Si può avere paura del nero, lo si può accettare, si può guardare attraverso la cecità, si può accogliere il buio.

La famiglia ha tanti colori, sulla sua tavolozza appare anche il nero.

"Per non finire....

"Per non finire, quando la parola è attaccata dalla occupazione nazi fascista, il corpo nasconde esso e la parola per non perire, uniti nella sopravvivenza. Corpo e parola restano in attesa di un buon transfert, della sapienza di un ascoltatore accogliente, che possa donare al borgo indirizzi, voci e corpi. L’antitesi è, morte elaborabile soltanto con una lotta partigiana e repubblicana. L’attesa regola sia il flusso mestruale femminile, sia l’alternarsi delle stagioni in cui vi è libertà e in cui si soggiace all’occupazione, mito di Proserpina rivisto e non corretto. Oggi ci porremo altri quesiti su come interiorizzare processi che portino alla consapevolezza della libertà e della ripetizione."
L'avevo scritto per l'incontro di febbraio, mi sembra il caso di riverberare ancora queste parole, nate dal lavoro di un gruppo di lavoro appassionato della psicoanalisi che ha vissuto la guerra sempre cercando l'eros.

"Nota finale per iniziare"

Ho elaborato il testo utilizzando l'osservazione dell’incontro di Polivisione con il dispositivo dello psicodramma analitico del  05/02/2022.
Il seminario  del 11/03/2022, come sempre non è gratuito.  La partecipazione richiede la fatica del proprio esserci e il desiderio della psicoanalisi.
Per per poter ricevere il link di accesso a Meet, scrivere a Nicola Basile - nuovipercorsiviaborelli@gmail.com, indicando il proprio nome, professione, numero di telefono. Riceverete una mail e messaggio WhatsApp di conferma.

Crediti

Immagini
1 - E. Munch – Separation da Art project Google
2 - Napoli_museo_httpsartsandculture.google.comstorypompei-madre-materia-archeologica-le-collezionibwWhJsDlhez3IA
3 - The solitary archeologist, De Chirico_1937
4 – Immigrazione-fan page- https://design.fanpage.it/la-street-art-per-i-migranti-le-10-opere-piu-toccanti-sui-muri-d-europa/
5 - “Principessa delle nevi” da cartoon russo 1957, diretto da Lev Atamanov
6 -  Van Gogh “Vento” - 1883
7 – A. Boetti - Un pozzo senza fine – 1961 - https://www.archivioalighieroboetti.it/scheda/un-pozzo-senza-fine/
8 - Ara Pacis - Roma
9 -  Alberto Burri - https://www.fondazioneburri.org/la-fondazione/ex-seccatoi.html
Restiamo a disposizione per ogni eventuale imprecisione.

manifesto per il reclutamento

CHI CI RAPPRESENTA È ANDATO ALTROVE

Ero nello stesso 8 agosto di oggi, appena quattro anni fa e l’eccidio di Marcinelle allora come oggi richiedeva un pensiero generativo, non solo celebrativo per poter essere in pace domani. Scrivevo ai colleghi della Società Italiana di Psicodramma Analitico con cui condivido il piacere della ricerca nella psicoanalisi da oltre vent’anni per riflettere sui processi di migrazione, aspri allora come oggi. Affermavo che era necessario farlo per porre noi stessi nella condizione di “erranti”, di coloro che si pongono nella posizione di ricerca di un luogo in cui la vita quotidiana conosciuta non si possa considerare l'unica forma di esperienza possibile.
Il testo proseguiva così:
“Lo abbiamo pensato in tutti questi anni per porci nella condizione di ascolto dell'altrove che il sintomo psichico, la fatica di vivere, ci chiede di tradurre e chiede di poter trasformarsi in quadro, orizzonte, progetto, riconoscimento.
Esattamente sessanta anni fa morivano a Marcinelle 262 minatori divisi in ben 12 nazionalità di cui 136 italiani. Morirono a 975 metri sotto la terra e in quel momento erano i rappresentanti di ben tre continenti.
Un freddo elenco di deceduti per nazione, ci riporta a un Europa che era stata pensata a Ventotene, che vedrà a Roma i primi vagiti in quegli anni e che oggi ha necessità di un progetto di vita, come lo richiedono ancora i minatori di Marcinelle:
136 italiani; 95 belgi; 8 polacchi; 6 greci; 5 tedeschi; 3 ungheresi; 3 algerini; 2 francesi; 1 britannico; 1 olandese; 1 russo, 1 ucraino.
Cosa cercavano questi giovani tra le profondità della terra, questi giovani che tali sono rimasti da allora?
Ciascuno di loro sapeva che un luogo altro doveva esistere, un luogo che poteva dare corpo alle loro aspettative, ai loro sogni di niente, sogni che pensavano a un'esistenza altra di cui non potevano neanche delineare i contorni. È legittimo pensare che il desiderio di quella gente non riuscisse a esprimersi in forma di parola, essendo sempre collocato in un luogo altro dalla vita reale, essendo la loro parola, parola di servi che cercava il proprio linguaggio, la propria espressione, nel linguaggio dell'altro. Poi un giorno, quel desiderio, trovò espressione in una forma gentile: un manifesto rosa pallido. Su quel leggero foglio appeso tra i piccoli paesi del sud Italia, chi poteva leggeva, e molti chiedevano ai pochi di leggere, la speranza di un lavoro, di carbone per scaldarsi, di un premio per i figli, premio da trovare sotto la terra. E si, che di vita, sotto la terra, il nostro sud, come ogni sud della terra che s'incontrarono quel 8 agosto del 1956 in Belgio, molto sapevano.
Sotto la terra Proserpina scompare al suo amante per apparire solo nello splendore primaverile, sotto la terra si seppelliscono i morti perché sopra la terra i riti del lutto si possano esprimere in canti e cerimonie, sotto la terra si deposita il seme affinché nove mesi più tardi si posi il pane sul tavolo. E la terra era molto più vicina a tutti quei giovani di quanto non lo sia oggi sotto i piedi dei nostri giovani del 2016. Sotto la terra, quel popolo di giovani, non aspettava solo il buio, non aspettava una paga appena sufficiente per sfamare sé stessi e i propri cari, non aspettava di vivere in baracche che non potevano essere chiamate case, cercava il luogo atteso da una promessa di riscatto, passata di bocca in bocca attraverso le generazioni. Si mosse verso un luogo, annunciato da un manifesto rosa pallido, tintura della tipografia dell'epoca, che esprimeva, meglio di ogni altro strumento, il luogo altro che il desiderio non sapeva tradurre in parole, non essendo il desiderio stesso capace di trovarle. Il capitale utilizzò inchiostro e carta per tradire i desideri di una generazione, la speranza di vita di uomini e donne che non trovarono parole più attraenti che quelle stampate su manifesti di leggera carta, incollati a mura sbrecciate. Il capitale spedì più di mille italiani a estrarre dalle viscere della manifesto per il reclutamentoterra belga il di più di energia che doveva servire a alimentare la produzione di merce contro braccia, cose contro desideri, sintomi contro poesia, fumo dentro i bronchi per togliere il diritto alla parola. Chi scrive era nato da qualche mese e quell’8 agosto del 1956 ascoltava la parola dell'altro e si faceva essere di parola. Chi rimase sotto quei mille metri di terra, non ebbe più parola da cantare nei riti, non ebbe più desideri da incorniciare in un altrove che si fa incontro con l'altro. Ma può essere ancora cantato da noi con le parole di un mio amico che come me all'epoca non aveva parole ma che oggi, come me, ha superato i sessant'anni.

Noi che festeggiamo i sessant'anni
Non sappiamo da dove veniamo
I nostri nonni in fondo alle miniere
Le loro vite date per carbone.

Morirono italiani a Marcinelle
Morirono soffrendo in terre amare
Rinacque la speranza dalla guerra
In un'Italia già ferragostana.

Olimpiadi medaglie luccicore

Chi ci rappresenta è andato altrove.

                                   Concezio Salvo

A chi come noi intende la psicoanalisi come un delicatissimo strumento per dare parola all'altrove, ai luoghi del pensiero che si esprimono in forma di linguaggio ma che non trovano altro che sintomi, Marcinelle non è solo un ricordo, ma una continua sfida etica.

 

una dipensa in un bicchiere

Polivisione del 16 giugno 2020

"C'è qualcosa di strano nell'aria"

“C’è qualcosa di strano nell’aria. Lontano dal tono festoso che si muove nelle correnti sotterranee (…) Un po’ per via delle mascherine che non ti fanno ben capire chi ti stia salutando, un po’ per il corpo disabituato a salutare e la tua voce disabituata da chiacchiere abbozzate, un po’ per il tempo grigio che nuvoloso si sofferma sul tuo umore.” scrive il poeta Thomas Tsalapatis, tradotto da Viviana Sebastio.

Questa aria è penetrata nella dispensa che oggi si presenta non più come luogo del pieno, del necessario e del di più. La nostra dispensa richiede nuovi pensieri per essere utilizzata, per non disperdere la memoria di come essa ci ha servito in questi mesi.

una dipensa in un bicchiere
"Catalogo degli oggetti introvabili"

Ci incontriamo su piattaforma zoom martedì 16 giugno dalle 20,00 alle 21,30 in setting analitico con lo Psicodramma.

Il lavoro del gruppo verrà introdotto da un testo elaborato dall’equipe dello Studio Nuovi Percorsi.

Il gruppo verrà condotto dal dott. Nicola Basile, membro didatta della S.I.Ps.A. e l’osservazione sarà a cura del dott. Giuseppe Preziosi, membro titolare della S.I.Ps.A.

Per richiedere le credenziali:

Lo psicodramma in istituzione

Il 12 aprile del 2015 alcuni professionisti dello studio, partecipanti al centro didattico Campo di Ricerca sullo Psicodramma Analitico della SIPsA, richiamavano prima di tutto a loro stessi e poi ai compagni di viaggio dentro e fuori lo studio "Nuovi Percorsi", l’esser noi sempre dei migranti, soggetti in transito. Ricordavamo nella presentazione di allora come il transito sia sempre legato alle leggi politiche e di mercato dentro le quali il soggetto deve vivere sviluppando la sua capacità di lettura.
Per poter essere un cittadino, un lavoratore, un uomo e una donna capaci di relazionarsi con gli altri, ciascuno di noi deve interiorizzare regole e comportamenti che comunque sono sempre opera di un Altro. Al contempo questi comportamenti e queste regole ciascun uomo e donna di questo pianeta li deve poter leggere e pensare come trasformabili, grazie al lavoro comune con l’altro, uomo, donna, anziano, bambino che sia. Quindi ciascuno di noi deve potersi mettere al di fuori della legge per poterla riconoscere e renderla utile alla convivenza.
Il CRPA nela sua fondazione ha voluto il ricordo del sacrificio degli emigranti di Marcinelle che morirono per dare all’Italia carbone negli anni ’50, il transito delle popolazioni dell’Africa che cercano dignità altrove dal luogo che li ha visti nascere, la domanda della donna che si è riconosciuta madre anche per potersi guardare nell’altro, la perdita della propria soggettività nell’uguaglianza degli uomini e delle donne nel gioco d’azzardo e nella tossicodipendenza, l’alterità della psicosi che rende il nome dell’Altro impronunciabile. La psicoanalisi che ha saputo rappresentare il soggetto come alienato da sé stesso e lo psicodramma,  sono gli strumenti del nostro lavoro nella clinica delle istituzioni, nel lavoro clinico dello studio, nella ricerca della nostra professione, fuori e dentro le stanze del nostro studio che fu fondato per offrire "Nuovi Percorsi" alla domanda di uomini, donne, bambini, adolescenti, adulti, anziani. In questo ultimo anno alcuni professionisti dello studio hanno collaborato alla realizzazione del primo numero della rubrica trimestrale del portale web della SIPsA con alcuni articoli.
Li abbiamo pubblicati con l’intento di rendere pubblico all’altro, che transita con noi tra i continenti del desiderio, che lui non è solo e per poter ripetere il gesto di speranza dell’uomo che disegnò e scrisse per incontrare l’assente all’alba dell’umanità. Ci auguriamo di condividere la nostra scrittura ospitata sulle pagine che troverete di cliccando: rubrica trimestrale S.I.Ps.A.  
                                                                                                                                                  Nicola Basile e Giuseppe Preziosi

 

Adolescenti e Comunità Terapeutiche a cura di C. Bencivenga e A. Uselli – ed. Alpes

Ho avuto il piacere di condividere un’esperienza di CTU con il curatore e autore di molte parti del libro di cui proporrò solo una breve presentazione. L’autore è psicologo, psicoterapeuta, docente di Psicologia dei Gruppi e delle famiglie c/o l’Università degli Studi di Parma, promotore nel Lazio della prima Struttura terapeutica estensiva e a carattere comunitario per minori adolescenti, in due parole Claudio Bencivenga. Nel libro come nel nostro incontro professionale Bencivenga cerca di far emergere in quali contesti si possa dare voce all’infans, a ciò che per statuto è silenzio, mancanza di parola. L’autore e curatore del libro, si sforza di costruire e utilizzare spazi mentali e istituzionali che si determinano, nel dare regola al conflitto tra due genitori, anche attraverso il verdetto di un giudice, per offrire un contenitore di pensiero a coloro che altrimenti non l’avrebbero, i minori. Parlando di Claudio Bencivenga sto anche descrivendo il progetto del libro “Adolescenti e Comunità Terapeutiche”, edito da Alpes, curato assieme a Alessandro Uselli, psicoterapeuta, specialista in psicologia clinica.

Il titolo del libro è seguito da un sottotitolo assai impegnativo, “tra trasformazioni e nuove forme di malessere” .

Gli autori dei testi sono stati coordinati dai curatori affinché il lettore fosse posto in condizione di ridefinire il sintomo come ciò che nasconde la parola ma ne lascia tracce e come esso possa venire tradotto in un progetto educativo e riabilitativo per adolescenti.

Nel libro troviamo un’ampia panoramica teorica e clinica su come costruire un vero e proprio spazio, fisico, culturale, pedagogico e psicoterapeutico da offrire al minore schiacciato nella contesa tra essere soggetto e paria del desiderio dell’altro. “La Comunità terapeutica per adolescenti è una struttura (…) che per raggiungere le sue finalità si avvale di un trattamento complesso multifattoriale e multidisciplinare di tipo evolutivo/trasformativo” scrive Bencivenga “ E’ necessario che in questo tipologia di struttura venga svolto un costante lavoro di ponte e collegamento con altri contesti, non solo di cura, ma anche di vita dell’utente”.

Il progetto quindi è vastissimo ma gli autori ne delineano con cura e perizia sia i contenuti teorici che quelli normativi. Condivido con Bencivenga le righe che ritrovo in un capitolo centrale del libro, consigliando a tutti coloro che sono impegnati nel lavoro con gli adolescenti la lettura di questa bella opera.

“Crediamo di aver illustrato come il rapporto quotidiano con i pazienti, il vivere assieme condividendo esperienze impensabili per un setting classico, sia un fattore indispensabile nel lavoro di Comunità: del resto ciò è inevitabile se ci si approccia alla cura del paziente “grave” partendo dal presupposto che la residenzialità, così come la si è intesa, è uno strumento di terapia e di trattamento elettivo per questa frangia di utenti”. (1)

(1) Claudio Bencivenga – Residenzialità comunitaria, parafamiliarità e terapeuticità – p.40