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“Conserve” di Giuseppe Preziosi. Non presentazione di un libro in quattro puntate.

E-book
E-book di G. Preziosi

Quando ci portiamo a spasso, non abbiamo di certo necessità di pensare a quanti tendini stiamo mettendo in movimento, né a quante calorie alla fine del movimento, sensato o insensato che sia, avremo bruciato.
In generale, escludendo tutti i casi di ossessione salutistica o di vero allenamento sportivo, quando andiamo in giro con noi stessi, non pensiamo a prendere con noi il corpo ma tutto che ci servirà o dovrebbe servire.
Le chiavi di casa, quelle della bicicletta, della macchina, la patente, da qualche tempo la mascherina e il gel per le mani, ricevono le nostre attenzioni, il corpo viene da sé stesso, non direi come il cane ma in modo molto simile, quasi automatico, con tutto rispetto per il cane che di automatico non fa mai nulla.
Il corpo è l’alter ego con cui dialogare al momento di entrare nel mondo onirico, quello notturno che abbiamo sempre necessità di far convivere con quello diurno. È sempre lui che ci permette di poter riposare o passare una pessima nottata, al termine della quale saremo lieti di vedere la luce, come fosse il primo giorno di una fuga da clandestini.
Il corpo ci serve e non possiamo dimenticare di conservarlo.
Il corpo è ciò che siamo e ciò di cui non possiamo curarci ogni attimo, pena l’impossibilità di essere noi stessi. Una contraddizione insanabile ai cui estremi sta utilizzare il corpo per farne il recettore di dipendenze e dall’altra l’unico interesse di una vita che diviene schiava di un corpo immaginario. In qualche modo una dimostrazione delle teorie in cui è possibile far coincidere gli opposti.
In mezzo agli estremi di cui sopra, i corpi si scontrano, si incontrano, si distanziano, si infettano, vanno osservati da occhi clinici, sono causa di sguardi sensuali, senza il corpo non ci sarebbe sessualità, che poi la sessualità si arricchisca di eros, è un altro discorso. Il corpo non ne capisce niente di eros ma ogni sua parte può diventare quel meraviglioso oggetto di pensiero che fa da traino al desiderio. Se poi musica e coreografia si mettono a dare corpo alla poesia e all’arte, il corpo fa danzare ombre e lampi che non hanno posto tra le parole ma senza le quali non troverebbero espressione sui palcoscenici, al chiuso o all’aperto che vogliamo immaginare e che in questi giorni mancano.
Il mio corpo ha solo la mia storia, mi viene da affermare. Ne ricordo in modo quasi affettuoso, i momenti in cui mi ha permesso di attraversare un passaggio in parete come di fermare il passante a rete di un avversario ben tenace. Ne ho un buon ricordo anche quando l’ho accompagnato a farsi mettere a posto, piccole manutenzioni, nulla di più, che hanno però richiesto qualche notte in piedi.
L’affermazione che il mio corpo conservi solo la mia storia è un altro inganno. Il mio corpo porta con sé l’esplorazione che milioni di anni hanno compiuto esseri umani sui loro corpi. Tuttavia, poiché il peso di milioni di anni mi sembra eccessivo da portare, preferisco pensare a una storia più recente del corpo. Essere buoni servi del corpo, nel significato di essere coloro che ne sanno più del padrone del corpo, è un concetto che è sempre utile rammentare.
Non va dimenticato però che è qualità del servo saper osservare e saper conservare. Servo, non schiavo, chiaramente.
Tra le letture che ci propone il catalogo di Polimnia Digital Editions è apparso recentemente il testo di Giuseppe Preziosi “Conserve”. E già stiamo tutti pensando a quelle meraviglie del palato che l’eredità culturale della campagna, ci ha consegnato.
Devo deludere il lettore, odori e sapori della cucina non saranno presenti, se non marginalmente, nel testo di Preziosi che ha dato alle stampe solo la prima, delle quattro parti, che comporranno l’intera opera.
Troveremo invece un certo Ottavio Scarlattini che nel 1685, arciprete di Castel San Pietro e precursore di Quentin Tarantino, invitava a riutilizzare un corpo senza vita con “…tecniche di preparazione del “liquore”, fluido cadaverico dalle molteplici capacità terapeutiche, (somiglianti ndr) … a pratiche culinarie.>> (pag. 8). Lo stesso arciprete non disdegnava nemmeno i santi la cui imbalsamazione “rifletteva un ideale di paradiso che era un luogo di corpi, di membra risanate e ormai impassibili, non soggette a decadimento” (pag. 20).
L’immaginario di membra sparse e sante ha condotto la storia di santi e sante durante tutto il medioevo, in un contrabbando di capelli, unghie e maschere, che ritroviamo oggi esposti in mille splendidi luoghi di culto in tutta Europa. Passano i secoli e la stessa trance conservativa si ritrova oggi in quelle aziende che dal 1967 si fanno pagare per conservare corpi che attendono una risurrezione scientista. In pratica uomini e donne pagano affinché il loro corpo, post mortem, venga conservato nel freddo, sperando che un domani, qualcuno, trovi il modo di ridargli vita.
Il corpo a cui Giuseppe Preziosi, psicoanalista che anima il nostro studio, ha dato parola nel primo capitolo della sua opera prima “Conserve”, è un oggetto per tanti contenitori, o, in modo simmetrico, è un contenitore di tanti oggetti dell’immaginario umano che vive nel mondo onirico del diurno come in quello del notturno in una relazione biunivoca.Come ci insegna Bion è il corpo che ha trovato parola grazie alle donne che hanno fondato la psicoanalisi insieme a Freud.

In conclusione, affinché andiate a leggere, Conserve, Polimnia Digital Edition,  vi suggerisco di trovare la soluzione a un piccolo giallo che si nasconde nelle pieghe di questo primo capitolo.
Chi si nasconde dietro il soggetto che tanto interessa lo scrittore?

una dipensa in un bicchiere

Polivisione del 16 giugno 2020

"C'è qualcosa di strano nell'aria"

“C’è qualcosa di strano nell’aria. Lontano dal tono festoso che si muove nelle correnti sotterranee (…) Un po’ per via delle mascherine che non ti fanno ben capire chi ti stia salutando, un po’ per il corpo disabituato a salutare e la tua voce disabituata da chiacchiere abbozzate, un po’ per il tempo grigio che nuvoloso si sofferma sul tuo umore.” scrive il poeta Thomas Tsalapatis, tradotto da Viviana Sebastio.

Questa aria è penetrata nella dispensa che oggi si presenta non più come luogo del pieno, del necessario e del di più. La nostra dispensa richiede nuovi pensieri per essere utilizzata, per non disperdere la memoria di come essa ci ha servito in questi mesi.

una dipensa in un bicchiere
"Catalogo degli oggetti introvabili"

Ci incontriamo su piattaforma zoom martedì 16 giugno dalle 20,00 alle 21,30 in setting analitico con lo Psicodramma.

Il lavoro del gruppo verrà introdotto da un testo elaborato dall’equipe dello Studio Nuovi Percorsi.

Il gruppo verrà condotto dal dott. Nicola Basile, membro didatta della S.I.Ps.A. e l’osservazione sarà a cura del dott. Giuseppe Preziosi, membro titolare della S.I.Ps.A.

Per richiedere le credenziali:

TIPITIPIRÙ ASCOLTARE I POETI PER NARRARE AI BAMBINI

DALL’ANTOLOGIA "15 ½ PIUTTOSTO BIZZARRE DI PAVLINA PAMPOUDI"

NELLA TRADUZIONE DI VIVIANA SEBASTIO.

Nel 2004 insieme a Viviana Sebastio e al team di docenti di un istituto romano, con la collaborazione grafica di Federica Reale, abbiamo proposto a dei bambini di prima di scrivere un libro, quando sapevano per lo più articolare soltanto le prime forme di lettura e scrivere i primi segni grafici della loro lingua. Abbiamo chiesto a questi bambini di scrivere collettivamente, sollecitati dall'incontro con una lingua che non conoscevano, il neogreco. Abbiamo chiesto loro di disegnare e realizzare le immagini di un libro, affinché altri bambini potessero leggere quel che loro avevano creato.

Cosa ce lo abbia consigliato, è una domanda legittima.

Torno per un attimo al neolitico...
Sarà perché allora si stava definitivamente assestando il patrimonio neuronale della nostra specie, sarà perché il numero degli esseri umani era cresciuto, sarà inoltre per la scoperta che assieme si vive meglio, il fatto è che in quel periodo abbiamo avuto necessità di lasciare pittogrammi un poco ovunque su questo pianeta.
A cosa serviva lasciare un disegno su una parete, a quale urgenza rispondeva aggiungere una forma alle forme già lasciate da altri, così da formare veri e propri musei di pittogrammi, come ad Altamira, in Spagna?

Qpittogrammi da wikipediaualcuno ha scritto che l'urgenza di lasciare quei disegni era determinata dal pensiero che un altro della stessa specie, lo avrebbe visto e, nel poterlo ammirare, il visitatore riportava al presente l'altro. Un modo per entrambi, lettore e autore del pittogramma, di sentirsi in comunicazione nonostante l'assenza di uno dei due. Nelle grotte di Altamira nasce, si sviluppa, e arriva a noi attraverso i millenni, un meraviglioso libro, scritto da analfabeti che immaginano di esistere dopo la vita grazie alla pittura e al segno, i pittogrammi, appunto. Ad Altamira i disegni non sono solo disegni, sono soprattutto messaggi, lettere, testo, storia, dell'uomo che racconta la propria vita a un altro uomo che non conoscerà. Consapevoli di tutto ciò, abbiamo chiesto a una scrittrice greca di raccontare una sua favola attraverso i segni lasciati sulle pagine, grotta, dei suoi libri. Noi con i bambini siamo entrati nella
grotta libro dove i segni sono divenuti pezzi di persone di cartone, brandelli di colori da incollare sui pezzi di cartone che divenivano pupazzi o "pupezzi", simili ai pittogrammi dei nostri avi. Come i nostri avi li abbiamo messi insieme i pupezzi e abbiamo lasciato che ci raccontassero la storia che apparteneva alla comunità degli uomini e delle donne che sentono la solitudine come un dono
da condividere. Così i pupezzi si fanno prima segni, poi narrativo e infine si smaterializzano in pagine virtuali, affinché la grotta divenga sempre più ampia e possa accogliere tutti i naviganti della creatività, come una smisurata balena in cui ad accoglierci troviamo sempre Pinocchio con Geppetto, a leggere, scrivere e a narrare. Abbiamo infine pensato che a scrivere racconti, ci si sente meno soli, pensando che da qualche parte qualcuno comincerà a scrivere una nuova storia perché ha letto la nostra affinché
un altro la legga e scriva la sua e così via, in un mare dove l'attracco nei porti sia un diritto per poter proseguire nella navigazione.
Nicola Basile
psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista, psicodrammatista.

COME PASSA IL TEMPO…

L’ acquisizione del senso del tempo nei bambini è un percorso lento, complesso, articolato, che si costituisce a piccole tappe.

Già nel periodo prescolare molte attività che vengono proposte sono finalizzate alla conoscenza dei concetti di “tempo” per le molteplici valenze che questo argomento assume nella vita di ogni persona a partire dai primi anni di vita.

Per i bambini apprendere i concetti astratti non è affatto semplice, difatti per imparare la suddivisione del tempo nelle tre dimensioni, è fondamentale che si padroneggi prioritariamente il concetto di tempo, inteso come una variabile che denota le esperienze.

In merito allo sviluppo linguistico dei concetti temporali si può, a grandi linee, individuare una evoluzione progressiva che va da una fase in cui il parlare si situa nel qui ed ora (12-18 mesi) fino ad arrivare ad una padronanza linguistica del concetto di tempo (36-52 mesi), che si palesa con l’utilizzo del verbo al tempo adeguato (ad es. il bambino si serve del passato prossimo per connotare le azioni fatte il giorno precedente)

Queste abilità per essere stabilizzate e divenire cognitivamente fruibili dal bambino hanno bisogno di un periodo di tempo lungo; per cui il Tempo, inteso come operazione mentale, viene acquisito pienamente nel corso del periodo che Piaget definisce delle operazioni concrete, che va dai 7 – 8 anni fino agli 11 – 12 anni. In questo stadio, i bambini apprendono pienamente la cognizione del tempo e sono in grado di concettualizzare, mediante operazioni mentali, le peculiarità del passato, presente e futuro.

 

Il processo di acquisizione degli stadi temporali necessita quindi di un’evoluzione di costrutti mentali e linguistici specifici che noi adulti non possiamo in nessun modo accellerare ma al contrario possiamo sostenere e favorire.

Alla luce di questo, garantire ai nostri bambini una routine stabile permette loro di interiorizzare lo schema della giornata o dell’attività che si sta svolgendo, dandogli la possibilità di fare delle previsioni rispetto a quello che accadrà (il futuro), di ridurre l’ansia dell’ignoto (poiché l’ambiente è rassicurante e contenitivo) e di sperimentare l’attesa per soddisfare i propri bisogni (il bambino sa che il suo desiderio verrà appagato).

Le abitudini quindi, essendo ripetitive, prevedibili ed intellegibili permettono al bambino di acquisire la sicurezza necessaria per imparare a muoversi autonomamente.

 

In questo periodo storico particolare, in cui ci viene richiesto di rimanere in casa e stravolgere le nostre routine giornaliere ci rendiamo conto che i bambini, forse più che noi adulti, ne risentono negativamente. L’impossibilità di andare a  scuola (seppur spesso vista come impegno noioso), di poter frequentare lo sport abituale, di recarsi nel parco di quartiere rendono i piccoli nervosi ed irrequieti. Ci rivolgono spesso domande riguardo il giorno successivo, chiedono quando potranno di nuovo incontrare gli amici e così via. Le nostre risposte astratte (dobbiamo aspettare ancora un po’, vedremo tra qualche giorno se la situazione cambierà, lo capiremo più avanti) non aiutano i bambini a rassicurarsi anzi a volte li mettono ancora di più in uno stato di incertezza.

Quello che vogliamo condividere con voi è la possibilità di costruire in modo casalingo un calendario temporale. Pensiamo sia un modo divertente ed utile per poter trascorrere qualche ora con i vostri bambini, allenando la motricità fine e dando vita ad uno strumento utile a sostenere i nostri bambini in questi giorni difficili.

Ognuno è libero di creare un calendario personalizzato a seconda dei propri interessi e delle proprie specificità, dando libero sfogo alla fantasia.

Inseriamo qui in basso, se volete, alcune informazioni da cui prendere spunto e se ne avete piacere, a lavoro ultimato, potrete pubblicare una foto sulla pagina facebook dello studio (https://www.facebook.com/studioviaborelli/)

 

http://www.coccolesonore.it/lavoretti/calendario-routine-bambini_carta_tutorial/

 

Dott.ssa Francesca Piccari

Contagio dove si trova per te?

In questi giorni il gruppo di lavoro che fa vivere lo studio Nuovi Percorsi, in collaborazione con la SIPsA, sta preparando un incontro per condividere le domande e il sapere  sul sostantivo “Contagio”.
Si è scelto di non far precedere il sostantivo da alcun articolo per rendere più potente il suo potere evocativo e per poterlo cogliere sul fatto.

Il sostantivo senza articoli fa rotta verso epoche storiche diverse, qui penetra nelle vite degli uomini e donne come una maledizione divina, là si fa religione dell’altro che corrompe la società conosciuta, trova albergo nel capitolo XXXIV di quei Sposi Promessi del Manzoni

“in quanto alla maniera di penetrare in città, Renzo aveva sentito, così all’ingrosso, che c’eran ordini severissimi di non lasciar entrar nessuno, senza bulletta di sanità; ma che in vece ci s’entrava benissimo, chi appena sapesse un po’ aiutarsi e cogliere il momento. Era infatti così; e lasciando anche da parte le cause generali, per cui in que’ tempi ogni ordine era poco eseguito; lasciando da parte le speciali, che rendevano così malagevole la]rigorosa esecuzione di questo; Milano si trovava ormai in tale stato, da non veder cosa giovasse guardarlo, e da cosa; e chiunque ci venisse, poteva parer piuttosto noncurante della propria salute, che pericoloso a quella de’ cittadini; 

Contagio non disdegna la Cina del XXI secolo e le grandi navi da crociera che devono fermarsi e dare ospitalità e segregazione ai loro passeggeri detenuti, come si è trovato a suo agio nel maccartismo alla ricerca dell’intellettuale da bruciare o nelle leggi razziali italiane del 1938, atte a isolare il dilagare del sionismo tra le pure razze italiche.

Tuttavia contagio sa anche di festa, di moti popolari di liberazione, di idee libertarie che non trovano ostacoli per affermarsi, di arte che scrive sui palazzi per diffondere spore di nuovi segni che offrono respiro al sogno.

In estrema sintesi la domanda è quella del titolo di questo breve post: “Contagio dove si trova per te?”

L’incontro si terrà il 21/02/2020 a via A. Borelli, 5 Roma.

Per partecipare inviare un messaggio, whatsapp o sms, al numero 3296322722 o mail a  nuovipercorsiviaborelli@gmail.com o lasciare un messaggio in segreteria con nominativo e numero a cui essere richiamati al 067020310.

Ascoltare il desiderio di cura con lo psicodramma analitico

Ascoltare il desiderio di cura con lo psicodramma analitico

Da ottobre 2014 il C. D. “Campo di ricerca sullo psicodramma analitico di Roma”, ha avviato in collaborazione con lo Studio Nuovi Percorsi di via Borelli 5, un ciclo di incontri di ascolto con lo Psicodramma analitico.

Come lo scorso anno il lavoro di Polivisione proseguirà anche nel 2020 con la gradita collaborazione del C. D. Apeiron. Gli incontri del 2020 saranno dedicati al lavoro di coloro che offrono formazione, diagnosi, terapia e riabilitazione nell’età evolutiva, neuropsicomotricisti e logoterapisti, docenti,  operatori del volontariato che hanno una relazione di cura con il minore richiedente aiuto.

Venerdì 31 gennaio 2020, dalle 19,00 alle 20,30, con i soli professionisti legati alla relazione di cura, interrogheremo  i nodi clinici e soggettivi che legano chi domanda a chi offre.
La discussione verrà animata attraverso il dispositivo dello psicodramma analitico,  dai dottori Nicola Basile; Silvia Brunelli e Giuseppe Preziosi soci S.I.Ps.A.

L’ombra e la poesia

L’ombra della poesia” è per curiosi della buona letteratura, per chi è interessato a farsi catturare dalle inversioni che la poesia sa offrire allo sguardo quotidiano, a chi vuole scorgere ciò che cela una fessura nel muro, a chi vuole navigare nelle onde della letteratura, a chi vuole andare oltre ciò che appare allo sguardo. All’ombra della poesia si possono fare incontri rinfrescanti come scoperte da trasmettere alle future generazioni. Si consiglia di andare a cercare ombra e poesia nell’ultimo numero della rubrica “Scritture e Riflessioni” Buon proseguo di estate!

L’equipe dello studio Nuovi Percorsi

«Conquistare le forze dell’ebbrezza per la rivoluzione»

Per non far sparire nell’ombra il passaggio di Krak, facciamo appello alle parole di W. Benjamin da “Il surrealismo” (1)

 

 Giuseppe Preziosi

"…quando irruppe (il surrealismo) sui suoi fondatori nella forma di un’ispiratrice ondata di sogni, esso apparve come sommamente integrale, definitivo, assoluto. Tutto ciò con cui veniva a contatto si integrava. La vita pareva degna di essere vissuta solo quando la soglia che c’è tra la veglia e il sonno era come cancellata, in ciascuno, dai passi di mille immagini fluttuanti; il linguaggio pareva veramente tale solo là dove il suono e l’immagine, l’immagine e il suono erano ingranati l’uno nell'altra con tale automatica esattezza, con tale felicità che non restava più alcuna fessura dove infilare il gettone «senso» […] Non soltanto sul senso. Anche sull'io. Nella compagine dell’universo il sogno allenta l’individualità come un dente cariato. Proprio questo allentamento dell’io nell’ebbrezza è nello stesso tempo l’esperienza viva e feconda che ha consentito a queste persone di sottrarsi al dominio dell’ebbrezza [...] Esso può vantarsi di una sorprendente scoperta. Per primo si imbatté nelle energie rivoluzionarie che appaiono nelle cose «invecchiate», nelle prime costruzioni in ferro, nelle prime fabbriche, nelle prime fotografie, negli oggetti che cominciano a scomparire, nei pianoforti a coda, negli abiti vecchi più di cinque anni, nei ritrovi mondani, quando cominciano a passare di moda. Quale sia il rapporto di queste cose con la rivoluzione – nessuno può saperlo più esattamente di questi autori. Come la miseria, non solo quella sociale ma anche e altrettanto quella architettonica, la miseria dell’interno, le cose asservite e asserventi si rovescino in nichilismo rivoluzionario, prima di questi veggenti e astrologi non se n’era accorto nessuno [...] Conquistare le forze dell’ebbrezza per la rivoluzione: intorno a questo motivo ruota il surrealismo in tutti i suoi libri e le sue iniziative. Questo può essere definito il suo compito più proprio e specifico. Esso non consiste solo e semplicemente nel fatto che come sappiamo - una componente di ebbrezza è presente e operante in ogni atto rivoluzionario. Essa è identica con quella anarchica. Ma mettere l’accento esclusivamente su di essa equivarrebbe a trascurare interamente la preparazione metodica e disciplinare della rivoluzione a favore di una prassi oscillante fra l’allenamento e i preparativi di una festa. A ciò si aggiunge una concezione troppo immediata e affrettata, “adialettica” della natura dell’ebbrezza. L’estetica del pittore, del poeta en état de surprise, dell’arte come reazione alla sorpresa, è prigioniera di alcuni pregiudizi romantici quanto mai infausti. Ogni indagine seria delle doti e dei fenomeni occulti, surrealisti, allucinatori presuppone un intreccio dialettico di cui una mentalità romantica non verrà mai a capo. E infatti non è molto utile sottolineare con tono patetico o fanatico gli aspetti enigmatici dell’enigmatico; noi riusciamo invece a penetrare il mistero solo nella misura in cui lo ritroviamo nella vita quotidiana, grazie a un’ottica dialettica che riconosce il quotidiano come impenetrabile, l’impenetrabile come quotidiano [...] la più appassionata indagine dell’ebbrezza da hascisc non insegnerà, intorno al pensiero (che è un narcotico per eccellenza), nemmeno la metà di quello che l’illuminazione profana del pensiero insegna sull’ebbrezza da hascisc. Leggere, pensare, attendere, passeggiare sono forme di illuminazione non meno del consumo di oppio, del sogno, dell’ebbrezza. E sono forme più profane. Per tacere di quella più terribile droga (noi stessi) che prendiamo in solitudine.
(1) Scritti 1928 – 1929 – in opere complete vol. 7 – Einaudi Editore

Non presentazione presso la libreria “L’Altracittà” 24 gennaio 2020 alle 19

Presentazione “L’alba è un massacro signor Krak” di Thomas Tsalapatis
a cura di Nicola Basile

 

  “Ma arriva il mattino e come ogni mattino
i libri si risvegliano, bianchi e esausti.
Insieme a loro si sveglierà anche il signor Krak.
Chiuso nella mattina infinita afferrerà la matita.
Cercherà di riscrivere il bianco, il libro bianco
pieno di parentesi.”

“L’alba è un massacro signor Krak”

 

Poesia e psicodramma analitico

Il 24 gennaio alle 19,00 ci ritroveremo c/o la libreria "L'altracittà" via Pavia 106, Roma , affinché la voce, le frasi del singolo si rendano lettera indirizzata all'altro, altro come colui presente nel gruppo e altro come colui presente nel pensiero. La poesia prenderà corpo nell'animazione del dispositivo dello Psicodramma Analitico, nella corporeità della drammatizzazione, conducendo i futuri lettori ad essere in primis narratori dei quesiti che li hanno portati ad essere scrittori senza carta, poeti senza rime da incardinare, pittori senza il confine di una cornice.

Affermiamo spesso che i sogni non si riescono a raccontare, nonostante restino vividamente nella memoria attraverso immagini o sensazioni. Altrettanto siamo in grado di sperimentare quando un’espressione musicale ci coinvolge a tal punto da renderci estranei al mondo, precipitandoci in un luogo e un tempo che poi ricorderemo intensamente.
Non ci dovremmo stupire se qualcuno vedendoci particolarmente coinvolti all’uscita di tale esperienza ci chiedesse se abbiamo bisogno di aiuto.
In qualche modo l’altro ci pone la stessa domanda che si poteva porre a noi bambini. Da bambini allargavamo le braccia in cerca di consolazione, all’uscita di un’esperienza particolarmente emozionante ricordiamo quel abbraccio.
Nella fruizione della poesia, dell’arte iconica, della musica, l’adulto non fa che utilizzare l’esperienza dell’infans, restando letteralmente “senza parola”.

“Dobbiamo provare a cercare le prime tracce dell’attività poetica già nel bambino?” domanda Freud nel saggio “Il poeta e la fantasia” (1907)
Non potendo divenire poeti noi stessi e quindi non potendo provare l’esperienza della scrittura della poesia, alla domanda sembra non poter dare risposta alcuna.
“Potessimo almeno trovare in noi stessi, o in coloro che sono come noi,una qualche attività in certo modo affine al poetare! Ci sarebbe la speranza, indagando tale attività, di farci una prima idea approssimativa della creazione poetica.”

I poeti però non si nascondono, osserva Freud, altrimenti la poesia stessa cesserebbe di esistere se alcun altro l’ascoltasse, la ripetesse, la barattasse nel mercato della vita.
Quindi la poesia la possiamo cercare in noi stessi? Si interroga Freud?
Se c’è un uomo c’è poesia e se c’è poesia possiamo sapere qualcosa selle sue origini.
“Forse si può dire che ogni bambino, impegnato nel giuoco si comporta come un poeta: in quanto si costruisce un suo proprio mondo o, meglio, dà a suo piacere un nuovo assetto alle cose del suo mondo”, senza perdere la distinzione tra giuoco e reale.
Nel gioco si fa strada l’immaginario che cambia temporaneamente le regole spazio tempo:
”in quanto costruisce un suo proprio modo o, meglio, dà a suo piacere un nuovo assetto alle cose del mondo”.
In quell’assetto il bambino sperimenta un piacere che l’adulto ritrova nell’espressione artistica, gioco dell’infanzia che da adulto si ricerca nell’estetica dell’arte, della poesia, del cinema, della musica. Nel gioco incontriamo Krak che osserva teste che fuoriescono dal terreno, ombre che vendono frescura, chiodi fissi in testa al lettore. Thomas Tzalapatis incontra il rovescio del mondo che vediamo, raccontando di un signor Krak che ci dà il biglietto per transitarvi. Seguendo Krak, acquistiamo il titolo di viaggio valido per transitare in un mondo di contrasti dove è lecito far saltare ponti in vacanza. Chiuso il libro ovviamente non potremo che guardarci intorno per verificare se altri lo stiano facendo sul serio, chiudendo frontiere e porti. Ma questo è appunto il reale.
Seguendo Krak scopriremo che i

«I poeti sono alleati preziosi e la loro testimonianza deve essere presa in attenta considerazione, giacché essi sanno in genere una quantità di cose tra cielo e terra che il nostro sapere accademico neppure sospetta». ( Freud - Gradiva di Jensen 1906)
Il pensiero dominante deve escludere, mettere sotto il tappeto, omologare, in altre parole rimuovere. Ma quel che viene nascosto nella vita quotidiana” assume un valore fondamentale nella spiegazione di un testo (sogno o opera d’arte che sia)”.
Ciò è ancor più evidente nei movimenti satirici di ogni fase storica in cui sia stata compromessa la libera espressione. Nella satira ricompare ciò che viene nascosto dal potere: la sessualità e con essa l’espressione del non detto.

Per poter accadere ciò ovviamente la forma deve trovare dei canali simbolici che siano attinenti alla storia. Nonostante la storia o i periodi storici passino, il messaggio dell’espressionismo nell’arte iconica o del sincretismo nella poesia inducono piacere ancor oggi, così come leggiamo con piacere Trilussa anche se non ricordiamo più i papi contro cui lanciava le sue strofe.

Secondo lo psicanalista francese, Jacques Lacan (1901-1981) «l'inconscio è quel capitolo della mia storia che è marcato da un bianco o occupato da una menzogna: è il capitolo censurato. Ma la verità può essere ritrovata; il più spesso è già scritta altrove. (J. Lacan Scritti )
Cioè:
• nei monumenti: e questo è il mio corpo, cioè il nucleo isterico della nevrosi in cui il sintomo isterico mostra la struttura di un linguaggio...;
• nei documenti d'archivio, anche: e sono i ricordi della mia infanzia...;
• nell'evoluzione semantica: e questo corrisponde allo stock e alle accezioni del vocabolario che mi è proprio, così come al mio stile e al mio carattere;
• e nelle tradizioni, addirittura nelle leggende che in forma eroicizzata veicolano la mia storia;
• nelle tracce, infine, che di questa storia conservano inevitabilmente le distorsioni necessarie dal raccordo del capitolo adulterato con i capitoli che l'inquadrano, e delle quali la mia esegesi ristabilirà il senso».

L’inconscio si manifesta ma pur essendo un linguaggio non possiede parole. Le parole gliele offre ciò che esce da fessure, brecce del reale, in forma di metafore, nell’arte, nella letteratura e nella poesia e in forma metonimica, nella ricerca di un significato per un altro, che ogni autore offre prima di tutto a se stesso per esprimere ciò che ancora non appare.

Si tratta di figure che si pongono fra ciò che è manifesto e ciò che è stato occultato, posto “altrove”.
In questo movimento verso un “altrove”, mai posto nello stesso luogo, che andiamo a incontrare il signor Krak che è addetto allo svelamento del proibito, dell’altro testo, scritto al disotto e da leggersi in trasparenza, dove la tecnica di lettura non scorge che graffi e “di notte i libri conversano”.

Biblio
S. Freud – Il poeta e la fantasia (1907) – Opere vol. 5 – Boringhieri
S. Freud – Il delirio e i sogni nella “Gradiva” di W. Jensen (1906) - Opere vol. 5 – Boringhieri
Jacques Lacan – Scritti – p.252 - Einaudi
http://www.luzappy.eu/lett-psica/freud-lett.htm
T. Tsalapatis - L'alba è un massacro - XY editore

Thomas Tsalapatis e il signor Krak di Nicola Basile e Viviana Sebastio

Colloquio sul signor Krak di Nicola Basile

“Non puoi non aver provato ciò che vive Krak!”
“Chi è Krak?”
“E’ un uomo che cammina interrogando la propria ombra.”
“Ma le ombre non parlano.”
“Krak le sa interrogare e far parlare."
"La mia ombra non è molto loquace e la sera se ne va. Come fa Krak a parlare con qualcosa che se va?"
"Krak pone domande alla zona dell’immaginario che nasconde il discorso ma da cui la vita creativa di ciascuno attinge, non solo per scrivere romanzi o poesie ma per poter decidere semplicemente di svegliarsi al mattino. Il signor Krak mentre cammina sulla superficie della terra, sa rispecchiarsi nel suo simmetrico altro, che compie atti dove si dichiarano misfatti, omicidi dove si compiono gesta d’amore. Il signor Krak sa dell’uno come dell’altro ma riesce a trovare un suo equilibrio nella poesia di Thomas Tsalapatis”
“E ora chi è Thomas Tsalapatis?”
“Forse è il sogno del signor Krak”
“Così non potrò incontrare né l’uno, né l’altro. Che me parli a fare?”
“Sei sicuro di voler il suo indirizzo?”
“Certo mi sento incuriosito da tanto mistero.”
“Allora ti invito a leggere "L’alba è un massacro signor Krak" (XY.IT edizioni), anche se il colloquio tra me e te è solo immaginario”

Prefazione di Viviana Sebastio

Thomas Tsalapatis e il signor Krak

Sembrerà strano, ma non sono disperato. Se pensi a quanto è accaduto in Grecia nel ventesimo secolo non puoi disperare. Qui parlano le pietre.
Thomas Tsalapatis

Ho conosciuto Thomas Tsalapatis anni fa, ad Atene a un Festival letterario in cui era ospite. L’anno seguente, nel 2012, la sua raccolta L’alba è un massacro signor Krak (Ekati, 2011) gli fa meritare il primo Premio Nazionale per la Letteratura come autore esordiente.
Classe 1984, Thomas inizia a scrivere per quotidiani e periodici nazionali poco più che ventenne, al contempo compone poesia, con la quale in seguito darà voce a varie pièce teatrali.
La familiarità con la scrittura nasce in casa, dove è circondato dai tantissimi libri del padre, lettore appassionato. E grazie al padre, sin da bambino, Thomas respira letteratura anche nelle frequentazioni. Cresce tra editori, poeti, scrittori, giornalisti, molti dei quali sono accomunati anche dalla passione per la politica.
Thomas Tsalapatis è considerato dalla critica, non solo greca, uno degli autori più rappresentativi e promettenti della sua generazione, caratterizzata da quella interessante e variegata corrente poetica che, come scrive il Guardian, «fiorisce nelle strade, nei bar e nei caffè della Grecia». È una poesia che germoglia e si esprime sotto varie forme, nei murales, nel rap, nel graphic novel, nella nascita di riviste letterarie e di blog, nelle installazioni multimediali che combinano poesia, performance e video, nell’esplorazione di nuove modalità di resa e di espressione del verso.
Thomas appartiene, dunque, a quella generazione che, cresciuta a cavallo di due millenni, è stata identificata prima come la generazione della Playstation e della pigrizia, poi, d’improvviso, come la generazione dello scompiglio, portato dagli scontri e dai disordini del dicembre 2008 a seguito dell’assassinio del 15enne Alexandros Grigoropoulos, per mano di un poliziotto. Oggi si parla di “generazione della crisi”.
E proprio in conseguenza alla crisi economica, con la quale i giovani greci «hanno imparato a rinegoziare le proprie esistenze e a sillabare la creazione del nuovo», si sono riaccesi i riflettori stranieri sulla poesia della piccola nazione. Tsalapatis è stato tradotto e incluso in più di un’antologia dedicata, appunto, a poeti greci del Secondo Millennio . I suoi libri sono stati pubblicati anche in Francia, dove è spesso ospite in Festival letterari.

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