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INCONTRO DI “POLIVISIONE” 3 MAGGIO 2019 h 19,00 – 20,30

Da ottobre 2018 lo studio Nuovi Percorsi di Roma, in collaborazione con i centri didattici “Apeiron” e “Campo di Ricerca sullo Psicodramma Analitico” della S0cietà Italiana di Psicodramma Analitico, ha deciso di estendere il proprio sguardo di riflessione clinico oltre l’età evolutiva. L’approccio che da oltre sei anni guida il nostro lavoro è rimasto il medesimo: sottoporre a un molteplice ascolto, i quesiti che genera l’incontro tra chi domanda cura e chi è deputato per legge ad offrirla. Per tale motivo abbiamo definito, e continuiamo a definirli, incontri di “polivisione” e non di supervisione clinica, termine sicuramente più noto.

La nuova struttura di 10 incontri, a cadenza mensile, prevede un’alternanza di settings con una costante: ogni incontro sarà concluso da un’osservazione che raccoglierà i nodi teorici, etici, deontologici che sono andati emergendo o che sono stati elusi.

Lo spazio di “polivisione” che si è tenuto a marzo è stato aperto soltanto a coloro che lavorano entro la relazione di cura, è stato dal dott. Nicola Basile con l'osservazione del dott. Giuseppe Preziosi dello studio, vi hanno partecipato tutti i professionisti dello studio assieme a altri colleghi.
In questa fase l’appartenenza a una figura sanitaria era indispensabile per motivi di segretezza del materiale trattato.
Nell’intervallo tra un incontro e l’altro, chi ha portato il caso e l’osservatore produrranno insieme
uno scritto che costituirà l’oggetto per l’ incontro successivo.

Il gruppo di “polivisione”, nell’incontro del 03 maggio 2019, si allargherà a ospiti scelti dallo studio per un loro interesse alla relazione di cura, senza esser necessariamente figure sanitarie. Gli ospiti, a cui verrà proposto un testo irriconoscibile nelle parti soggette a segreto professionale, saranno chiamati a interrogarsi sui nodi culturali, politici, economici, storici, che quel testo farà emergere assieme al gruppo.

L’ ospite è una figura che ci piace definire come colui che offre il suo ascolto e i suoi quesiti affinché sia possibile far emergere dal testo la  “cosa non vista”. Il dispositivo utilizzato in questo secondo incontro sarà lo psicodramma psicoanalitico con limitazione al role playing, per favorire l’incontro con l’oggetto nascosto in ciascuno dei partecipanti, senza che esso debba esser interpretato analiticamente. La conduzione e l’osservazione anche in questo secondo setting, sarà solamente di psicodrammatisti della SIPsA che hanno condotto una formazione psicoanalitica.

Da questo ciclo di incontri di polivisione ci attendiamo un contributo teorico alla ridefinizione della relazione di cura nell’attuale contesto storico, sociale e culturale oltre all’apertura di una ricerca che porti a “rendere leggibile” la contraddizione tra ciò che è privato, sintomo e  la relazione clinica, e ciò che è pubblico, il ruolo sociale.

Le prossime date sono pertanto le seguenti:
03/05 h 19,00-20,30 incontro aperto a chi ha già partecipato a marzo e a invitati;
24/05 h 19,00-20,30 incontro aperto a professionisti della relazione di cura;
21/06 h 19,00-20,30 incontro conclusivo aperto a chi ha già partecipato agli incontri precedenti e a invitati.

L'opera riprodotta è di Damon Hyldreth
url http://www.damonart.com/pop_public_knot21b.html

a cura di Nicola Basile e Sarah Salvatore

Per (il) corpo di Giuseppe Preziosi

da wikipedia

Il corpo moderno non potrebbe essere una meravigliosa stanza delle meraviglie, una galleria di stupefacenti trovate che vanno dalla ricerca di forme esasperate fino alla brutalità del maltrattamento?
Giuseppe Preziosi ci dice che in questo momento storico sarebbe utile pensare il corpo come una camera delle meraviglie, partendo proprio dalle “wunderkammer” degli inizi del ‘800.
Con leggerezza Preziosi scrive su un tema difficilissimo da svolgere, collaborando, insieme ad altri psicoanalisti, ad arricchire le pagine di Lacan-con-Freud.it. che desideriamo vengano lette. Congratulazioni a Preziosi e ai curatori del sito!

 

 

 

Riflessioni e proposte per l’incontro di polivisione del 19 gennaio 2018 di Nicola Basile

Il 14 dicembre 2017 abbiamo deciso di approfondire il testo “Monologo per l’altro” per non lasciare in sospeso alcuni nodi clinici e teorici che non avevamo avuto il tempo di far emergere a novembre.

Li riporto in modo sintetico:

  • Chi parla durante le presentazioni cliniche? Il soggetto di cui ascoltiamo la domanda è il minore o chi è chiamato a svolgere un compito terapeutico o riabilitativo o di relazione di cura, quindi l’adulto?
  • C’è uno stretto rapporto tra poesia e matematica. Viene considerato nel trattamento dei disturbi quali la discalculia?
  • Quando ci interessiamo alle sorti del minore non stiamo forse volgendo l’attenzione a una sorta di sociologia del futuro in cui spesso i padri sono evanescenti? E’ necessario trovare un nuovo ancoraggio del lavoro al compito di chi interviene.
  • Nel lavoro di polivisione qual è il confine tra il ruolo del professionista e la sua soggettività? E qual è il limite oltre il quale non si deve andare durante la discussione del caso clinico?
  • Il “taglio” che viene dato dall’animatore al il gioco di ruolo si pone dalla parte della formazione di chi presenta la clinica o è orientato a far emergere la domanda di cura?

Il 19 gennaio 2018 alle ore 18,10 riprendiamo la serie di incontri di polivisione.

  • Note
    La fotografia è tratta da: “Tant que la tête est sur le coup” (1978) Conception, mise en scène et interprétation de Claire HEGGEN et Yves MARC, Théâtre du Mouvement. Festival Mimes et Clowns, 1980. Photographe : Fastome management. Archives TJP, Strasbourg.” e pubblicata su  Pinterest al seguente url: https://it.pinterest.com/pin/608830443348952504/

Appunti e riflessioni dall’incontro di polivisione di novembre 2017

“Monologo per l'altro” 
dalla polivisione del 17/11/2018
di Nicola Basile

“Nel parlare di matematica, o nel fare matematica, che comporta il parlare, magari solo con se stessi, o nell’esporre matematica si deve sempre trovare un delicato equilibrio, variabile a seconda del livello dell’argomento e delle competenze e maturità degli attori che dialogano, tra la lingua naturale e i linguaggi simbolici. Per chi non abbia vissuto l’esperienza della matematica non è facile capire e giustificare la necessità di tale mescolanza e di tale equilibrio. La matematica è una attività molto difficile, non da fare, ma da definire. Essa è sostanzialmente un discorso, un insieme di discorsi.”
Le parole nella matematica
Gabriele Lolli Scuola Normale Superiore di Pisa
https://reliefteachingideas.com/

Che dire di me a voi che vi domandate di me?
Voi tutti dovete pur valere qualcosa, siete nati per dare un nuovo valore a un uomo e a una donna. Vi succede mai di non averlo a volte questo gran valore? Il valore si calcola con la matematica e per farlo si deve essere bravi in matematica. Sapete calcolare, ordinare? In che senso? Immagino che appena vi si chiede di fare qualcosa per qualcuno come me, voi sappiate a chi rivolgervi. In un attimo ordinate chi io debba incontrare e chi no, quando e per quanto tempo. In un soffio mi ritrovo già preordinata da voi esseri piuttosto ordinati.
Sapete anche cosa io debba indossare per apparire più grande di quanto mi senta? E se volessi rimanere ancora e ancora in quell'età che la necessità può trascurare e che dell’accessorio può fare una scienza?
Tu che sei venuta a trovarmi sei proprio quella donna che spero di diventare anche se non ho ancora capito bene come.

Che dire ancora a voi che vi domandate di me.
Sapete contare tutti i numeri dell’universo. Mi sa però che tra quei numeri il mio non è uscito bene. Assomiglio a una cifra difficile da leggere. Ad esempio la mia età vorrebbe che io non fossi alla scuola con i più piccoli ma hanno detto che in quella dei miei coetanei era francamente inutile che io andassi. I numeri della mia età non corrispondono mai con le mie competenze. E questa storia dei numeri fa veramente arrabbiare papà, mamma e gli insegnanti. Ma non dite che l’ho detto.

Ricordate Alice nel paese delle meraviglie quando incontra il Cappellaio Matto e la Lepre di marzo?
Quei mattacchioni non facevano altro che girare intorno al tavolo in attesa delle cinque, per festeggiare una festa di non compleanno. Io devo essere una di quelle tazzine del loro tavolo che sono sempre piene di tea o un minuto del loro orologio che staziona sempre sulla stessa cifra, un calendario che non cambia mai pagina. Così non so mai se vado veramente bene.

http://sostegno.forumattivo.com/

A voi che vi domandate di me, sembrano sensate le mie domande?
Si i numeri si trasformano in mostri dentati che mi vogliono divorare, come d'altronde sono i denti, numeri che si contano e numeri che si curano e poi si perdono. Io perdo sempre qualche numero. Quando arrivo a casa mi dicono che li lascio sempre a scuola e quando sono a scuola mi dicono che li ho lasciati a casa. I numeri non stanno mai al loro posto.

Avete idea dove si nascondano i numeri?
Questa storia mi confonde e le mie mani cercano di afferrare numeri e letteri mulinando nell’aria per scacciare cifre senza senso, cifre mute, lettere spaiate. Tra di voi che siete riuniti a domandarvi di me c’è un qualcuno che mi ha chiesto di stabilire delle regole, altrimenti saremmo rimasti bloccati al tavolino da te di Lewis Carroll e la sua Alice. Non è un granché essere una copia sbiadita di una personaggio famoso che attraversa lo specchio.

E' difficile attraversare lo specchio? Io lo so fare benissimo ma al di là di quello ci si ritrova sempre gli stessi che non crescono e che non sanno contare le carte della Regina di Cuori. Da tale principio inoltre ne consegue un altro: per bere il tè non bisogna alzarsi, fin quando tè e pasticcini non sono che un ricordo. Quindi voi vorreste instaurare un prima e un dopo che non capisco mai come si leghino.

Vengo prima io o mamma per papà? E per mamma chi viene prima?
Una questione per me è chiara, a scrivere sul quaderno delle regole devo essere io. Io e le regole non possiamo che essere tutt’uno. Vi domanderete il perché di questa mia osservazione, voi che vi riunite per chiedere se non vi assomiglio almeno un poco. È semplice. Se la regola è estranea a me, io non la posso modificare, devo poterla leggere e chiedermi chi la possa cambiare.
Mamma e papà dovrebbero poter cambiare le regole ma non so mai quando e dove lo facciano. Così con voi mi conviene scrivere le mie regole sul mio quaderno affinché le regole siano mie e mie soltanto.
Mi viene il sospetto che se papà non dà qualche regola, io comincio a confondermi e a assomigliare a un nome che sta tra me e lui, come la linea di frazione che sta tra due numeri.

Non assomiglio alla linea di frazione tra due numeri che operano un significato? Se papà non mi assegna un altro posto, lo dovrete fare voi, volenti o meno. Sarete costretti ad utilizzare pedagogia, neuropsichiatria, psicoanalisi, psicoterapia, tanta buona volontà cosicché si possa diventare buoni amici e cominciare a scriverci.
E se ci scriviamo possiamo definire la nostra assenza come uno spazio topologico con meridiani e paralleli, dove l’incontro è possibile. Potremmo stabilire un giorno, un’ora, un luogo del nostro incontro. Il mio cuore imparerebbe a battere un poco più forte in attesa dell'arrivo. Tu non lo sai ma stai pensando anche tu a me anche se sei arrabbiato perché hai perso il bus e qualcuno che ti sta antipatico ti trattiene, con il tuo orologio sempre avanti rispetto alla tua posizione geografica distante dalla mia. Io imparerò che il giorno in cui tu arrivi devo predisporre il tavolo con il materiale e l’ordine di quel tavolo sarai anche un poco tu. Apparecchiare un tavolo lo si fa per gli ospiti e mi sa che è la prima volta che ospito un ospite.

Chissà se lascerò il materiale ancora a scuola?
Vorresti essere Tutor, il mio Tutor?
La legge 170 dice che un disabile può avere un Tutor. Vorresti essere tu il mio tutor per il quale apparecchierei il tavolo, non ci girerei intorno e mi comincerei a domandarmi quanti minuti restano tra l’adesso e il futuro prossimo in cui ci incontreremo?
Sto forse citando l’incontro tra la volpe e il Piccolo Principe inconsapevolmente ma mai la questione è stata così seria come tra me e te e quella volpe e l’ometto, come mi hanno detto che chiamava l'altro la volpe.

NOTE
Le definizioni sulle frazioni sono tratte da: http://www.youmath.it/scuola-primaria/matematica-scuola-primaria/quarta-elementare/2084-cosa-sono-le-frazioni-e-come-si-leggono.html
Le immagini sono tratte da url citate nelle didascalia 
BIBLIOGRAFIA
M. Klein – La psicoanalisi dei bambini – Giunti ed.
M. Klein Lo sviluppo libidico del bambino - Bollati Boringhieri, 2013
Saint Exupery – Il Piccolo Principe - Bompiani

CHI E’ IL TERAPISTA DELLA NEURO E PSICOMOTRICITA’ DELL’ETA’ EVOLUTIVA?

Attualmente il panorama italiano delle professioni sanitarie della riabilitazione è caratterizzato da molteplici operatori professionali; in particolare l’area relativa all’età evolutiva presenta numerose figure specialistiche. Se da una parte tale molteplicità di scelta determina la possibilità di poter intervenire tempestivamente su un ampio ventaglio di disturbi, dall’altra può rappresentare per il genitore del bambino in difficoltà un ostacolo nell’individuare la figura più adatta alle esigenze del piccolo.

Nelle righe che seguono verrà presentata la figura professionale riabilitativa del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE).

 Chi è, a chi si rivolge e di cosa si occupa il TNPEE.

lI Ministero della Salute riconosce all’interno dell’area Sanitaria della riabilitazione numerose figure professionali, tra queste è presente il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età evolutiva (TNPEE).

Il Decreto Ministeriale del 17.10.1997, n. 56 (G.U. 14.03.1997, n. 61) individua la figura del TNPEE come l’operatore sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante, svolge, in collaborazione con l'equipe multiprofessionale di  neuropsichiatria  infantile  e  in  collaborazione  con le altre discipline dell'area  pediatrica,  gli  interventi  di  prevenzione, terapia e riabilitazione delle malattie neuropsichiatriche infantili, nelle aree della neuro-psicomotricità, della neuropsicologia e della psicopatologia dello sviluppo.

Il terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva, in riferimento alle diagnosi e alle prescrizioni mediche, nell'ambito delle specifiche competenze:

  • adatta gli interventi terapeutici alle peculiari caratteristiche dei pazienti in età evolutiva con quadri clinici multiformi che si modificano nel tempo in relazione alle funzioni emergenti;
  • individua ed elabora, nell'equipe multiprofessionale, il programma di prevenzione, di terapia e riabilitazione volto al superamento del bisogno di salute del bambino con disabilità dello sviluppo;
  • attua interventi terapeutici e riabilitativi nei disturbi percettivo-motori, neurocognitivi e nei disturbi di simbolizzazione e di interazione del bambino fin dalla nascita;
  • attua procedure rivolte all'inserimento dei soggetti portatori di disabilità e di handicap neuro-psicomotorio e cognitivo; collabora all'interno dell'equipe multiprofessionale con gli operatori scolastici per l'attuazione della prevenzione, della diagnosi funzionale e del profilo dinamico-funzionale del piano educativo individualizzato;
  • svolge attività terapeutica per le disabilità neuropsicomotorie, psicomotorie e neuropsicologiche in eta' evolutiva utilizzando tecniche specifiche per fascia d'età e per singoli stadi di sviluppo;
  • attua procedure di valutazione dell'interrelazione tra funzioni affettive, funzioni cognitive e funzioni motorie per ogni singolo disturbo neurologico, neuropsicologico e psicopatologico dell'età evolutiva;
  • identifica il bisogno e realizza il bilancio diagnostico e terapeutico tra rappresentazione somatica e vissuto corporeo e tra potenzialità funzionali generali e relazione oggettuale;
  • elabora e realizza il programma terapeutico che utilizza schemi e progetti neuromotori come atti mentali e come strumenti cognitivi e meta-cognitivi; utilizza altresì la dinamica corporea come integrazione delle funzioni mentali e delle relazioni interpersonali;
  • verifica l'adozione di protesi e di ausili rispetto ai compensi neuropsicologici e al rischio psicopatologico;
  • partecipa alla riabilitazione funzionale in tutte le patologie acute e croniche dell'infanzia;
  • documenta le rispondenze della metodologia riabilitativa attuata secondo gli obiettivi di recupero funzionale e le caratteristiche proprie delle patologie che si modificano in rapporto allo sviluppo.

Il TNPEE svolge attività di studio, di didattica e di ricerca specifica applicata, e di consulenza professionale, nei servizi sanitari e nei luoghi in cui si richiede la sua competenza, contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo lavorativo. Svolge la sua attività in strutture pubbliche e private, in regime di dipendenza e libero professionale.

Il codice deontologico completo è consultabile nei siti delle Associazioni Professionali Rappresentative secondo la normativa vigente:

AITNE http://www.aitne.it/home-page/documenti/codice-deontologico

ANUPI http://www.anupieducazione.it/codice-deontologico-anupi-educazione.html

Nello specifico il TNPEE si occupa di intervenire sulle difficoltà che caratterizzano vari disturbi, come il Ritardo psicomotorio (nel bambino e nel neonato), Ritardo mentale di grado lieve-medio-grave, Disturbi minori del movimento (disprassie e maldestrezze), Disgrafia, Inibizione psicomotoria, ADHD (disturbo da deficit d’attenzione e iperattività),ASD (disturbi dello spettro autistico), Stati psicotici, Disturbi del temperamento e del comportamento, Difficoltà relazionali, Quadri sindromici, PCI (paralisi cerebrali infantili), Torcicollo miogeno (nel neonato), Stiramento del plesso brachiale (nel neonato), Plagiocefalia (nel neonato), Ipotonìa generalizzata (nel neonato), Distrofia muscolare, Miastenia.

Per un ulteriore approfondimento relativo alla figura del TNPEE si consiglia di consultare l’atlante delle professioni sanitarie ( www.atlantedelleprofessionisanitarie.it ) in cui è anche possibile visionare gli ambiti in cui opera e le procedure specifiche che attua negli interventi riabilitativi.

I Terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva che operano all’interno dello Studio Nuovi Percorsi, in Via A. Borelli n.5, Roma sono il Dott. Brandi Giacomo e la Dott.ssa Piccari Francesca.

Si ringrazia l'autrice di 6 anni per il contributo dato.

Francesca Piccari

 

Lo psicodramma in istituzione

Il 12 aprile del 2015 alcuni professionisti dello studio, partecipanti al centro didattico Campo di Ricerca sullo Psicodramma Analitico della SIPsA, richiamavano prima di tutto a loro stessi e poi ai compagni di viaggio dentro e fuori lo studio "Nuovi Percorsi", l’esser noi sempre dei migranti, soggetti in transito. Ricordavamo nella presentazione di allora come il transito sia sempre legato alle leggi politiche e di mercato dentro le quali il soggetto deve vivere sviluppando la sua capacità di lettura.
Per poter essere un cittadino, un lavoratore, un uomo e una donna capaci di relazionarsi con gli altri, ciascuno di noi deve interiorizzare regole e comportamenti che comunque sono sempre opera di un Altro. Al contempo questi comportamenti e queste regole ciascun uomo e donna di questo pianeta li deve poter leggere e pensare come trasformabili, grazie al lavoro comune con l’altro, uomo, donna, anziano, bambino che sia. Quindi ciascuno di noi deve potersi mettere al di fuori della legge per poterla riconoscere e renderla utile alla convivenza.
Il CRPA nela sua fondazione ha voluto il ricordo del sacrificio degli emigranti di Marcinelle che morirono per dare all’Italia carbone negli anni ’50, il transito delle popolazioni dell’Africa che cercano dignità altrove dal luogo che li ha visti nascere, la domanda della donna che si è riconosciuta madre anche per potersi guardare nell’altro, la perdita della propria soggettività nell’uguaglianza degli uomini e delle donne nel gioco d’azzardo e nella tossicodipendenza, l’alterità della psicosi che rende il nome dell’Altro impronunciabile. La psicoanalisi che ha saputo rappresentare il soggetto come alienato da sé stesso e lo psicodramma,  sono gli strumenti del nostro lavoro nella clinica delle istituzioni, nel lavoro clinico dello studio, nella ricerca della nostra professione, fuori e dentro le stanze del nostro studio che fu fondato per offrire "Nuovi Percorsi" alla domanda di uomini, donne, bambini, adolescenti, adulti, anziani. In questo ultimo anno alcuni professionisti dello studio hanno collaborato alla realizzazione del primo numero della rubrica trimestrale del portale web della SIPsA con alcuni articoli.
Li abbiamo pubblicati con l’intento di rendere pubblico all’altro, che transita con noi tra i continenti del desiderio, che lui non è solo e per poter ripetere il gesto di speranza dell’uomo che disegnò e scrisse per incontrare l’assente all’alba dell’umanità. Ci auguriamo di condividere la nostra scrittura ospitata sulle pagine che troverete di cliccando: rubrica trimestrale S.I.Ps.A.  
                                                                                                                                                  Nicola Basile e Giuseppe Preziosi

 

SUPERVISIONE o POLIVISIONE?

Il lavoro che implica una relazione di cura con i minori, pone, ai professionisti coinvolti, una serie di questioni che portano a riflettere su ipotesi diagnostiche e di intervento. A sostegno della formulazione di un caso c’è la supervisione. Nel dizionario di psicologia di Umberto Galimberti alla voce “supervisione” compare un rimando ad un’ ulteriore voce che è l’analisi didattica, definita come trattamento psicoanalitico a cui si sottopongono coloro che vogliono svolgere la professione di psicoanalista. Dopo un’ esperienza di autoanalisi, Freud formulò la convinzione secondo la quale, siccome non si può praticare l’ attività analitica se non si accede alla conoscenza del proprio inconscio che deve disporsi “come il ricevitore del telefono rispetto al microfono trasmittente”, è necessario che chi si propone di diventare psicoanalista si sottoponga ad un’ analisi didattica. Secondo il padre della psicoanalisi la funzione dell’ analisi didattica è assolta se porta l’allievo al sicuro convincimento dell’ esistenza dell’ inconscio. Galimberti continua scrivendo che l’analisi didattica viene completata con l’analisi di controllo o SUPERVISIONE dove un’analista in formazione rende conto ad un’ analista più esperto del proprio modo di condurre i trattamenti; il supervisore, può, in tal modo, controllare il lavoro e soprattutto il controtransfert. Questa definizione di supervisione rimanda dunque ad un’idea di controllo che sembra giustificare la prospettiva dall’ alto: super-visione.

Gli incontri che lo studio “Nuovi Percorsi” ha proposto e propone, per una riflessione clinica sui casi dell’ età evolutiva, si articolano su due sessioni di lavoro: nella prima parte viene seguita la metodica neuropsichiatrica; nella seconda, viene interrogato il desiderio di chi ha il compito della cura, con il dispositivo dello psicodramma analitico. In tal modo è possibile fare un’ analisi della domanda di terapia, riformulare ipotesi diagnostiche, ridefinire setting, attraverso accorgimenti di set in corso, o pensando ad interventi di rete in grado di rispondere alla complessità delle domande di presa in carico. Attraverso lo psicodramma analitico è possibile ricercare i processi inconsci che si definiscono nella relazione tra professionista e minore, e, in questo modo, liberare la capacità di risonanza del professionista. Elena Croce (1990) scrive: “Il lavoro di supervisione sembra consistere nell’ analisi o scioglimento di quelle rappresentazioni e affetti reattivi che, come tali, sono suscitati dal paziente, nella vita psichica del terapeuta che lavora in una prospettiva analitica, mettendo momentaneamente in scacco il suo ascolto e la sua capacità di costruzione”, intendendo come tale l’atteggiamento di fondo che rende possibile l’analisi, che permette che la parola del paziente riceva la sua capacità di risonanza in analisi. Il gruppo di psicodramma ha il potere di svelare aspetti emotivi inconsci dei professionisti, che, se visti, rappresentano una chiave per comprendere il sintomo. E’ così possibile cambiare posizione nel gioco e, dunque, passare da un assetto di super-visione ad un altro di poli-visione.

                                                                                                                                                                             Sarah Salvatore

Appunti per l’incontro di polivisione del 7 luglio 2017

Ora questo bravo bambino aveva l’abitudine — che talvolta disturbava le persone che lo circondavano di scaraventare lontano da sé in un angolo della stanza, sotto un letto o altrove, tutti i piccoli oggetti di cui riusciva a impadronirsi, tal ché cercare i suoi giocattoli e raccoglierli era talvolta un’impresa tutt’altro che facile. Nel fare questo emetteva un “o-o-o” forte e prolungato, accompagnato da un’espressione di interesse e soddisfazione; secondo il giudizio della madre, con il quale concordo, questo suono non era un’interiezione, ma significava “fort” [“via”]. Finalmente mi accorsi che questo era un giuoco, e che il bambino usava tutti i suoi giocattoli solo per giocare a “gettarli via”. (1)

Il testo di Sigmund Freud è stato presente durante tutta la sessione di lavoro del 23 maggio 2017 che segue quella già commentata del 28 aprile 2017 (2) . L’incontro di aprile si era svolto utilizzando le conoscenze e i modelli interpretativi della neuropsichiatria infantile, in un setting seminariale, centrato sulla fondazione di un gruppo di bambini e bambine con diagnosi di autismo ad alto funzionamento. (3).
Durante quel incontro era emersa la necessità di presentificare il gioco dei bambini affinché gli adulti ne sentissero gli aspetti creativi e quelli involutivi acora nascosti sotto il potere della rimozione.
Era apparso anche evidente che da quel gioco gli adulti sono esclusi per necessità, come nonno Freud che si fa osservatore partecipante ma astinente al “gioco” del nipote. Con la scrittura e la teorizzazione Freud si appropria del “gioco” osservato e lo trasforma nella psicoanalisi, indirizzando così il desiderio infantile di ricongiungimento con il corpo materno verso un orizzonte creativo.
Gli educatori, gli psicoterapeuti, gli educatori, i neuropsichiatri, i terapisti della neuro e psicomotricità, le insegnanti che il 23 maggio 2017 si sono incontrati nello studio Nuovi Percorsi di via Borelli 5 a Roma, sapevano che avrebbero ripercorso un tratto di strada che ciascuno aveva già percorso, sia nell’esperienza della sessione precedente, sia attraverso la propria e originale esperienza di separazione dal corpo materno, di cui ciascuno è originale testimone. Al fine di offrire opportunità espressive alla ricchezza simbolica che il lavoro in setting seminariale aveva suscitato, abbiamo ritenuto necessario quindi riunirci in un piccolo gruppo, secondo le regole del dispositivo dello psicodramma analitico, disposti a mettere in gioco la clinica del desiderio.
Mentre la dott.ssa Martina Balbo, psicoterapeuta, narrava alcune scene del gruppo di bambini e bambine che condivide con le professioniste del centro, scene che in parte avevamo già ascoltato, le parole assumevano altri colori, anzi hanno preso la dimensione della luce e del buio, antitesi che permettono la vita. Il silenzio fa da contenitore alla narrazione di Martina che si riempie di buio e della luce che lo interrompe, come di un buio che combatte la distinzione portata dalla luce stessa.
La fusione e la differenziazione è garantita da due logoterapiste, garanti della relazione di cura che, secondo il racconto di Martina, non sono sufficienti. Così proprio in lei, attraverso la sua presenza astinente, si palesa il terzo garante dell’alternanza del buio con la luce. 
Martina si rappresenta, e viene anche rappresentata, nel gioco psicodrammatico, come garante che il gioco fusionale, di incontro e scontro di corpi nel buio, abbia un limite.
Il limite permette l’andata e il ritorno, dalla non vita alla vita del gruppo di adulti e bambini e bambine. Nel gioco garantito dall’animatore del gruppo di psicodramma si sperimenta l’assenza del taglio, della vista, quando il buio rende l’uno e l’altro non distinguibili, come la frustrazione della luce che fende il buio, rendendo l’altro irraggiungibile in quanto distinto.
Il meccanismo teatrale è semplice: si accendono e spengono le luci della stanza e ci si protegge per il viaggio con un telo, sotto il quale l’altro non è più separato, in quanto il telo placenta riporta nell’unione con il materno. Nella rappresentazione degli adulti gli oggetti erano simbolici. Read more

Appunti per l’incontro di polivisione del 23 maggio 2017 alle ore 19,00

Inizio dalle righe che Giuseppe Preziosi ha letto al termine del suo lavoro di osservazione per raccontare l’incontro di polivisione del 28 aprile 2017 che sa di favola ma non lo è.

La zanzara che viene dalla periferia, inquieta cerca una strada alla conoscenza del contatto ma uno straniero, non sapendo come dirlo, per attirare la sua attenzione spacca il ponte. ” Non mi è mai capitato!” dice Fra e saluta disinibito “Devi essere gentile” aggiunge. Il gigante, che non manca mai, resta fermo per non far male a nessuno, giusto uno ” scusa”. ” Dite sempre le stesse cose” urla il drago, tentando di uscire dall’istantanea e provare a prender voce attraverso la drammatizzazione.

Un gruppo di adulti decide un giorno che se è in grado di costruire delle relazioni sociali indirizzate alla crescita di ogni componente, può ospitare un altro gruppo che conta sugli adulti per crescere con loro. Questo è solo l’incipit di una storia che comincia a essere scritta e di cui siamo lieti di essere anche noi dei testimoni.
Venerdì 28 aprile 2017 il seminario sulla polivisione di casi clinici dell’età evolutiva è stato pienamente chiamato a testimoniare degli avvenimenti di cui sopra.Qualche riga per descrivere, solo provvisoriamente e solo in modo approssimativo, che abbiamo ascoltato una comunicazione, piena di emozione, sulla fondazione di un gruppo di bambini e bambine con diagnosi di autismo ad alto funzionamento. La fondazione la si deve a psicologhe, a terapiste della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE), logoterapiste che vedendo esaurirsi le opportunità offerte dalle terapie individuali, ben riuscite, va detto, ideano e realizzano uno spazio sociale e di cura per i loro assistiti. Sappiamo che la tradizione di questa metodica ha un luogo di nascita: Neuropsichiatria infantile di via dei Sabelli. A questa meravigliosa istituzione si deve anche lo sforzo di teorizzazione che ad oggi appare ancora incompleto come incompleto è il quadro normativo di riferimento per quanto concerne il rapporto di convenzione pubblico, privato sui costi della terapia riabilitativa in gruppo.

Come si intravvede da queste righe l’impresa è e sarà, nel futuro prossimo, gigantesca.
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Adolescenti e Comunità Terapeutiche a cura di C. Bencivenga e A. Uselli – ed. Alpes

Ho avuto il piacere di condividere un’esperienza di CTU con il curatore e autore di molte parti del libro di cui proporrò solo una breve presentazione. L’autore è psicologo, psicoterapeuta, docente di Psicologia dei Gruppi e delle famiglie c/o l’Università degli Studi di Parma, promotore nel Lazio della prima Struttura terapeutica estensiva e a carattere comunitario per minori adolescenti, in due parole Claudio Bencivenga. Nel libro come nel nostro incontro professionale Bencivenga cerca di far emergere in quali contesti si possa dare voce all’infans, a ciò che per statuto è silenzio, mancanza di parola. L’autore e curatore del libro, si sforza di costruire e utilizzare spazi mentali e istituzionali che si determinano, nel dare regola al conflitto tra due genitori, anche attraverso il verdetto di un giudice, per offrire un contenitore di pensiero a coloro che altrimenti non l’avrebbero, i minori. Parlando di Claudio Bencivenga sto anche descrivendo il progetto del libro “Adolescenti e Comunità Terapeutiche”, edito da Alpes, curato assieme a Alessandro Uselli, psicoterapeuta, specialista in psicologia clinica.

Il titolo del libro è seguito da un sottotitolo assai impegnativo, “tra trasformazioni e nuove forme di malessere” .

Gli autori dei testi sono stati coordinati dai curatori affinché il lettore fosse posto in condizione di ridefinire il sintomo come ciò che nasconde la parola ma ne lascia tracce e come esso possa venire tradotto in un progetto educativo e riabilitativo per adolescenti.

Nel libro troviamo un’ampia panoramica teorica e clinica su come costruire un vero e proprio spazio, fisico, culturale, pedagogico e psicoterapeutico da offrire al minore schiacciato nella contesa tra essere soggetto e paria del desiderio dell’altro. “La Comunità terapeutica per adolescenti è una struttura (…) che per raggiungere le sue finalità si avvale di un trattamento complesso multifattoriale e multidisciplinare di tipo evolutivo/trasformativo” scrive Bencivenga “ E’ necessario che in questo tipologia di struttura venga svolto un costante lavoro di ponte e collegamento con altri contesti, non solo di cura, ma anche di vita dell’utente”.

Il progetto quindi è vastissimo ma gli autori ne delineano con cura e perizia sia i contenuti teorici che quelli normativi. Condivido con Bencivenga le righe che ritrovo in un capitolo centrale del libro, consigliando a tutti coloro che sono impegnati nel lavoro con gli adolescenti la lettura di questa bella opera.

“Crediamo di aver illustrato come il rapporto quotidiano con i pazienti, il vivere assieme condividendo esperienze impensabili per un setting classico, sia un fattore indispensabile nel lavoro di Comunità: del resto ciò è inevitabile se ci si approccia alla cura del paziente “grave” partendo dal presupposto che la residenzialità, così come la si è intesa, è uno strumento di terapia e di trattamento elettivo per questa frangia di utenti”. (1)

(1) Claudio Bencivenga – Residenzialità comunitaria, parafamiliarità e terapeuticità – p.40