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Perché devo imparare

Perché un bambino deve imparare, è una domanda che dovremmo chiederci sempre ma la ricorrenza dell’apertura dell’anno scolastico ce lo impone oggi, più che ieri.

Perché dunque un bambino o una bambina stanno per varcare la soglia di un’istituzione scolastica, sia essa ancora determinata legislativamente dall’aggettivo di servizio come la scuola materna, che sembra svalutarne la sua funzione fondante o apparentemente qualificata come istituzione deputata alla formazione e all’apprendimento come la scuola primaria, la secondaria di primo grado ?
Mi fermo a considerare questi ordini di scuola perché sono quelli frequentati dai cittadini bambini, per gli altri ordini il discorso va articolato un poco diversamente da quello che tenterò di scrivere qui.

Un bambino o una bambina sono quei soggetti che possono vantare un’età che non superi la soglia della pubertà, quindi 13, 14 anni a seconda dello sviluppo. Poi quel bambino e quella bambina devono lasciare l’attributo di bambino per entrare nel mondo della pubertà che li condurrà verso la prima maturità e per la nostra costituzione e per l’Europa, divenire soggetti di voto attivo e passivo.

Qui in queste righe voglio solo pormi la questione del perché un bambino della nostra società venga portato dai suoi genitori a varcare il cancello della scuola materna o della scuola primaria tra qualche giorno.

Dico subito che spero che quella bambina o quel bambino varchino il portone di una scuola pubblica perché lì potranno incontrare le diversità che fanno colorato il nostro pianeta ma se varcheranno la soglia di una scuola parificata o privata, i colori diminuiranno in quantità ma pur sempre colori rimarranno.

Quindi perché portiamo i bambini a scuola?

La legge prevede l’esistenza del diritto del bambino all’istruzione e aggiunge che è un dovere solo da qualche anno, mentre i nostri costituenti affermavano che il diritto alla istruzione è un diritto punto e basta e che lo stato deve rimuovere gli ostacoli economici perché il soggetto bambino possa partecipare alla costruzione della sua istruzione.
Nonostante la legge sia in evoluzione e non sempre in senso migliorativo, continuo a pormi e a porre a chi leggerà queste righe, tanti interrogativi sul senso della partecipazione di un bambino come di una bambina alla sua istruzione che costruirà la sua formazione di cittadina o di cittadino dello Stato Italiano parallelamente alla crescita delle sue competenze sociali.
Qualche anno fa mi sono interessato e lo continua a fare, all’appassionante crescita del nostro Leonardo da Vinci e a come egli abbia trasformato la propria domanda di appartenenza in un’esauribile ricerca applicata a tutti i campi dello scibile umano.
In questa appassionante studio non sono stato certamente originale, un certo sig. Sigmund Freud ne scrive abbondantemente in un suo testo del 1910.

Cosa ci racconta Freud di Leonardo: Leonardo è un bambino con un padre biologico che non può riconoscerlo ma che non l’abbandona, consegnandolo a un padre adottivo che si dimostrerà esser buon padre. Ma oltre a due padri ha Leonardo anche due madri: quella biologica muore prestissimo ma riesce a farsi ricordare come preziosa da Leonardo; la seconda, moglie giovanissima del padre sarà amorevole e piena di attenzioni per quel figlio di un amore non portato all’altare dal sig. Da Vinci, ma muore giovanissima anch’essa.

Il grande desiderio di poter essere riconosciuto figlio da colui che gli ha dato il nome, nome che in qualche modo gli sfugge continuamente, porta il nostro Leonardo a porsi continuamente alla ricerca di un sapere che non può che sfuggirli continuamente perché in qualche modo sempre raggiungibile parzialmente. Così Leonardo si applica a tutto lo scibile umano, riuscendoci con un massimo di competenze.

Il nostro bambino che sta per varcare la soglia delle aule scolastiche si spera che abbia almeno una mamma quando non sia così fortunato da essere accompagnato da una coppia di genitori con al seguito qualche nonno. Cosa lo fa allora simile a Leonardo?
I due si assomigliano perché il nostro alunno lo stiamo facendo entrare nelle aule scolastiche perché possa indagare il perché qualcun Altro gli ha assegnato di partecipare al mondo degli umani con un nome che lui non conosce.

Un certo giorno di un anno qualsiasi quel bambino è nato e un Altro si è preso la briga di chiamarlo con un certo nome che da quel momento lo ha reso unico tra gli esseri animali, perché oltre a poter esser chiamato, può chiamare con un nome gli altri animali e le cose ma soprattutto può chiamarsi. I I nostri amici a quattro zampe riconoscono il nome che gli attribuiamo ma non possono chiamarci con il nostro nome anche se senza dubbio sanno modulare il richiamo a seconda delle occasioni.

Il nostro bambino come la nostra bambina dunque sanno di essere stati chiamati e a tal uopo vanno a scuola per scoprire cosa ci sia dietro quel nome o meglio vanno a scuola per scoprire cosa si cela dietro alla questione che un Altro ha dato loro un nome che li fa per sempre capaci di chiamare se stessi e quindi capaci di una volontà che si rivolge anche a se stessi.

Il 13 settembre per il Lazio e in date vicine in altre regioni della Repubblica Italiana i bambini e le bambine andranno a scuola per cercare innanzitutto il perché del loro essere stati nominati. Come lo potranno fare? Lo dovrebbero poter fare inseguendo tutte le possibili vie della conoscenza innanzitutto non stancandosi mai di domandare all’adulto come fare per non perdersi nell’intricato groviglio di vie, sentieri, tratturi, strade e autostrade di cui si compone la viabilità della conoscenza.

Ma sarebbe facile se fosse solo un problema di conoscere la mappa del panorama delle conoscenze. Non esistendo una singola conoscenza il nostro esploratore si accorgerà che deve continuamente volgere al plurale la parola conoscenza per riconoscerne le sue diversità. Il nostro esploratore ha necessità di orientarsi su un paesaggio che mai unico si compone di tante diversità che lo costringono continuamente a dover scegliere dove andare.
In questo cammino i nostri esploratori possono contare sulle tracce lasciate da altri che li hanno preceduti. E’ chiaro che questi altri dovrebbero essere gli adulti che la bambina come il bambino incontra a scuola. Ma che gusto ci sarebbe a fare la stessa strada che l’Altro ha segnato per lui se l’alunno o l’alunna gli ho fin qui descritti come esploratori?
Rispondo subito a questa domanda dicendo che il gusto andrebbe subito perso e con il gusto il desiderio di costruire conoscenza.

Se qualcuno avesse indicato a Leonardo la soluzione del suo rebus, essere figlio di due uomini e due donne, forse non sarebbe mai nato un Leonardo da Vinci e con lui uno dei più grandi interrogativi di come si formi il desiderio di sapere.
Arrivo quindi a una risposta solo provvisoria al perché una bambina o un bambino debbano avere la possibilità di partecipare alla comunità di studiosi: se apprezzeranno il gusto di porsi domande per trovare risposte che non riempiono mai il bicchiere della conoscenza, impareranno a sorseggiarne il prezioso liquido, allenandosi a sopportare l’arsura che ogni questione aperta provoca.
A mio avviso l’adulto che opera nella scuola ha il compito di dare voce, provocare, quel desiderio di sapienza che non colmerà mai il bicchiere della conoscenza, indicando dove si possono trovare i pozzi nel deserto e le oasi per sostare.

Augurando a amici e amiche un buon anno scolastico ho scritto in questi giorni, tra le altre cose, queste righe:
“Buon anno ai bambini e alle bambine, perché possano incontrare una scuola che offra conoscenze e metodi per saper costruire conoscenza, che offra note perché nessuno si senta stonato, che offra relazioni perché si riconoscano i valori dell’etica come fondanti ogni processo sociale. Se in questo percorso non ci sarà sempre il sole ma si incontrerà qualche piovasco, gli auguro di divertirsi a aprire ombrelli di tanti colori. Se invece ci sarà il sole, gli auguro di correre in giardino. Se avranno desiderio di cantare, gli auguro di trovare uno spazio dove cantare e gli auguro di farlo gratis per chi vuole ascoltare. Buon anno a tutti perché se i bambini potranno fare ciò ed altro, vuol dire che gli adulti sanno ancora essere creativi come Leonardo da Vinci!"

 
Bibliografia
Sigmund Freud – Un ricordo d’ infanzia di Leonardo da Vinci -1910 – Opere vol. 6 Einaudi ed
Jaques Lacan – Ogni possibile trattamento della psicosi scritti volume 2 Einaudi editore
Franz Kaltenbäck – Il Leonardo di Freud. Infanzia, tragedia e sublimazione Firenze, 18 Novembre 2006 Traduzione dal tedesco di Jacopa Stinchelli©2006
Carlo Pedretti – Leonardo da Vinci, L’angelo incarnato, Salai editore

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