Categoria: Psicoanalisi

“Frammenti di famiglia”

Introduzione al seminario di Polivisione del 05/02/2022 - h 9,30 - 13,00
a cura di Nicola Basile - socio S.I.Ps.A.

“...esprimere qualcosa di se stesso non gli pare una bella cosa da fare, soprattutto in pubblico. Lo stesso verbo "esprimere" ricorda la secrezione, o, nel migliore dei casi, l'atto di spremere un limone”
Da: Italo Calvino, “La squadratura”, in Giulio Paolini, Torino, Einaudi, 1975, pp. VII-XV.

Brevissima premessa

Descrivere la complessità del gruppo di famiglia, vuol dire domandarsi come utilizzare il vocabolario del gruppo famiglia, interrogarsi su chi parla per il gruppo famiglia, altrimenti non si ascolta altro che rumore.
Kaës ha descritto come in ogni gruppo ci sia un portabandiera ora della parola, ora del sogno, ora del sintomo di quello specifico gruppo. Questi ruoli li ha raccolti in unica definizione: funzioni foriche del soggetto all’interno del gruppo. Questa sera cercheremo di assumere la funzione forica della nostra famiglia.

La clinica del vivere, quotidiana tensione che permette l’incontro come la separazione, potremmo sempre raccontarla come la ricerca di un uomo che non sa di esserlo alla nascita ma che fin prima della nascita è già stato immaginato, sognato, parlato, come Lacan ha non solo teorizzato ma ha mostrato alla psicoanalisi del XX secolo.

Kaës ha ipotizzato come la famiglia stessa non sia un luogo dove il famoso mito di Edipo vive un’immutabile specificità, congelato nel mito arcaico e in quello più moderno della psicoanalisi. Edipo sta in relazione con la complessità del suo ruolo in almeno 5 figure che corrispondono ad altrettanti miti come coniò per Freud l'artista viennese , in cui Edipo “… si può immaginare che contenga stati interni distinti che corrispondono a quello del figlio, dell’uccisore del padre, dell'amante incestuoso della madre, del Padre del fratello dei suoi figli. Si noti che la domanda enigmatica della Sfinge verte anche sui tre stati del medesimo, associati a tre età della vita. Edipo non è uno, è diviso, divide fin nella sua discendenza”[1] 

Ci incontreremo per dare presentazione al caso famiglia, a cui tutti noi apparteniamo, avanzando con le mani avanti nel buio, per trovare non l’individuo, uno tra tanti che confondendosi diviene moltitudine, ma il soggetto che, come Edipo, soffre e vive.

Ne parleremo attraverso frammenti di riflessione, scritti per essere messi in gioco con il dispositivo dello psicodramma, la cui regola di base è il principio della libera associazione.

Cominciamo per dire, e non finire, cosa ho raccolto in questi due mesi, dall’ultimo incontro di Polivisione,

[1] Il lavoro dell'inconscio in tre spazi della realtà psichica. Un modello della complessità.  Rivista di Psicoanalisi – n. 3 – 2010 – S.P.I-  René Kaës

 

Frammenti di famiglia

 

Non si incontra mai una famiglia sola, la famiglia si declina in famiglia di origine, famiglia di nuova costituzione, famiglie legate che legano, per mezzo di articoli di legge e ami, legami, parole che sanno di legge e eros.

La famiglia propone un nome senza microfono, nome inventato che sa di gioia, nome che descrive come gli altri lo descrivono, nome che fa soffrire, perché non è scelto dal soggetto, senza il quale anche il cane non sa come essere chiamato.
Il nome non è mai originale, è sempre usato. È evidente che il nome è già stato detto tante volte, il nome della famiglia è appartenuto e appartiene all'altro, che non risponde alla richiesta di essere chiaro, esplicito.
Il nome nasconde l’utilizzatore primigenio, così bene che per saperne qualcosa di più, si deve ricorrere al mondo cellullare, quella strana cosa che sa di questioni di cellule e di mito mondiale e di nuove forme di comunicazione.

È sempre stata regolare la sua crescita, si dice della figlia come del figlio davanti il pediatra. Ultimamente meno e così si scioglie la gioia e la letizia del parlare del figlio. Altre volte l’argomento si chiude: a parlare del figlio l'argomento diviene la famiglia e la famiglia, come un fastidioso sintomo, non si apre al discorso.

Non si può vomitare in famiglia, anche quando non se ne può più di tenersele dentro quelle parole che ostruiscono il canale digerente dei pensieri di generazioni mutaciche. Eccesso di calore e mancanza di buona alimentazione richiedono diete in equilibrio tra affetti troppo proteici e scelte anoressizzanti. A casa la dieta è difficile da seguire perché in nome della famiglia, viene offerto cibo o troppo grasso o troppo acido. Buon cibo la dispensa non lo vede da tempo. Mancanza di appetiti fanno spizzicare e ciò toglie l’appetito.
La questione alimentare coinvolge tutti: la madre non si siede più a tavola, il padre soffre di disturbi gastrointestinali perché mangia con il figlio merendine e patatine di nascosto, che vengono anche rubate.
La domanda della figlia è se lei non debba scomparire con il nome del padre. Questa domanda non si riesce a decifrare sulle porte del borgo di Celleno, a Celleno ci si arriva seguendo le indicazioni: “borgo fantasma”.

 

Perché ne parlo?

Perché penso che non sia vista, la famiglia.
La madre non la vede come desidererebbe. il padre sta sempre in competizione per l'affetto dei figli in quanto non è il preferito tra i genitori, essendo molto impegnato, il poveretto.

Molti giudizi, tanti dovrei, tanti potrei girano in famiglia, interrompendo l’essere l’uno utile all’altro.
Nessuno è servo di un padrone, l’altro per servire in qualcosa è solo un racconto di libri polverosi di scuola, in cui ob servare rendeva il servo più utile del padrone. Il padre potrebbe farsi servo del figlio, la figlia servirebbe alla madre, il figlio servirà alla sorella e la figlia osserverà il fratello. Le interruzioni di dialogo animano il sospetto che qualcuno serva più dell’altro.

È una questione di autorizzazioni date e di autorizzazioni non dichiarate, di non detti, di assenze durante pandemie e mancanza di incontro, difficili da scrivere che determinano cause e conseguenze, impossibili da punteggiare nella storia familiare. Il figlio non scrive più epistole alla madre che si preoccuperebbe per la sua salute, la madre non scrive al padre dei suoi figli, fa scrivere da un avvocato, fratelli e sorelle non scrivono, registrano vocali accelerati perché così l’altro non tronchi l’ascolto, tra un semaforo e l’altro.

"Chi incontra la famiglia, cioè tutti noi, non ha dimestichezza con la scrittura.....!

..... che si cela dietro segni corporei, tic sociali, riti e memorie digitali che alcuno, sfoglia. Accade però che, a differenza di altre volte, la scrittura si renda necessaria perché si avverte qualcosa attorno cui si sta girando che non si riesce a raccontare. La famiglia può ritrovare così di essere destinataria di un indirizzo e il postino può recapitare il messaggio, a un soggetto che porta il nome degli altri.

C’è anche la possibilità che venga a mancare la storia della famiglia e possa esistere una domanda, impossibile da leggere. In quel borgo non più abitato, ci sono tracce di uomini e donne che lo hanno vissuto, di figli e figlie nati che hanno dato la loro vita perché donne e uomini potessero dire di appartenere a una famiglia. Ma in quei borghi non possiamo scrivere ad alcuno, il postino non recapita più lettere da tempo, i nomi delle famiglie sono divenuti fantasma. Il borgo, a visitarlo, sa di attrazione turistica.

Il primo, il fondatore ha una sua storia particolare che lascia con più domande che risposte. È sua la responsabilità di aver fondato la famiglia. Senza di lui non si parlerebbe di una madre e di un padre figlio, la seconda, più piccola è quella di mezzo. In mezzo a cosa, a chi?
Dopo il primo si sta sempre in un ordine assegnato, inamovibile. Sta a ciascuno dei figli sovvertirlo ma proprio questo essere scelti e, questo non poter scegliere, diventa insopportabile se il figlio non riesce a modellare questo ordine applicando un certo equilibrato caos.

"Plasmare, vestire la figlia che cresce, è il premio che la madre dà a sé stessa"

Il padre si accontenta di veder scrivere il suo nome sul corpo dell’altro, così da non temere troppo la morte. È evidente che il nome materno si offusca e non sa più cosa sia nutriente per lei. Nei registri ecclesiastici i nomi sono stati scritti per far entrare in battaglia il piccolo essere umano. Ma non vi è più alcuno che li vada a leggere. Non stanno su internet. Sarà ancora la luna di miele se la madre sognerà ancora con il padre una nascita, frutto del grembo di lei, seminato da lui, anche quando saranno vecchi. Tale previsione richiede uno spazio protetto perché se ne possa parlare.

"Per non finire....

Per non finire, quando la parola è attaccata dalla occupazione nazi fascista, il corpo nasconde esso e la parola per non perire, uniti nella sopravvivenza. Corpo e parola restano in attesa di un buon transfert, della sapienza di un ascoltatore accogliente, che possa donare al borgo indirizzi, voci e corpi. L’antitesi è, morte elaborabile soltanto con una lotta partigiana e repubblicana. L’attesa regola sia il flusso mestruale femminile, sia l’alternarsi delle stagioni in cui vi è libertà e in cui si soggiace all’occupazione, mito di Proserpina rivisto e non corretto. Oggi ci porremo altri quesiti su come interiorizzare processi che portino alla consapevolezza della libertà e della ripetizione.

"Nota finale per iniziare"

Il testo è stato elaborato utilizzando, anche e non solo, la mia osservazione dell’incontro di Polivisione con il dispositivo dello psicodramma analitico del  03/12/2021, condotto dal dott. Giuseppe Preziosi con l’osservazione della dott.ssa Annalisa Pascucci

Il seminario non è gratuito; si richiede la fatica del proprio esserci e il desiderio della psicoanalisi. Per partecipare scrivere a nuovipercorsiviaborelli@gmail.com indicando il proprio nome, professione, numero di telefono per poter ricevere il link di accesso a meet.

“Sul saperne-venir-fuori e saper-entrare”

Introduzione al seminario di Polivisione del 3/12/2021 - h 20,00 - 21,30
a cura di Nicola Basile - socio S.I.Ps.A.

“Allora il sapere dell’esperienza psicoanalitica è forse soltanto il sapere che
serve a non farsi raggirare dalla fanfara?
Ma a che pro se a ciò non si accompagna un saperne-venir-fuori?
O anche, più precisamente, un sapere introitivo,
un saper-entrare in ciò che è in questione per quanto riguarda il lampo
che può scaturirne sull’inevitabile fallimento di qualcosa
che forse non è la prerogativa dell’atto sessuale.”

Lacan J.- libro XVI “Da un altro, all’altro” pag. 205 – Einaudi editore

“Di fauci aperte e del salvare il pianeta”

Fauci aperte, media televisivi, vomitano significanti ambigui.
Salvare la terra suona come una bugia, detta per calmare l’ansia della generazione che deve ancora mettere i piedi sulla terra senza poter dire la sua.

Chi afferma di operare in nome del potere e della potenza, lascia attonita una popolazione che non sa se avrà discendenti. L’ascia che separava e ordinava è corrotta e inutilizzabile, il suo potere non appare generativo ma fallace e fallato.
In sogno il padre ordina e ingiunge che sia il figlio a farlo al suo posto ma rischia di appiccicare così una patacca. Il simbolo rischia di cadere durante la liturgia della cerimonia, trasformandosi in luccicante medaglia, materia morta. Il padre recita la parte di chi proprio non può più fare figli affinché il figlio si decida a prendere la sua responsabilità ma non sembra convincente. Il caso vuole che faccia da testimone la psicoterapeuta che ascolta il sogno e lo fa risuonare nel gruppo di polivisione. I testimoni si moltiplicano, creando una catena di trasmissione del significante ordine che genera altri ordini. La bocca si accorge di non essere solo cavità fognaria ma buon antro dove spezzettare, mischiare, ingerire affinché si trasformino alchemicamente. Dalla bocca della porta la figlia può uscire e non essere divorata dal niente che distrugge il pensiero e il figlio evita la patacca.

In fondo chi pensa di avere cura dell’altro è iscritto in modo ordinato in albi, ordini, corpi speciali per azioni impossibili, per non essere divorati e non divorare con le loro teorie e dispositivi. Dare un ordine alle pulsioni dionisiache, serve a ciò. Lasciare esse vagare troppo a lungo, potrebbero disordinare l’esistente. L’ordinare lo si sa è del femminile nell’armadio della vita ma è del nome del padre assegnare la trasmissione e un posto.

 

“Urlo qualcosa a Chronos e Zeus, distratti”

Urla il suo dolore la bambina poiché ha scoperto di essere ancora un altro corpo uscito dal grembo materno per soddisfare il rito che dalla semina porta il grano a essere pane sul tavolo del Cristo.

Si accorge che nella stanza accanto, il lessico adulto balbetta, si deforma, non accenna a offrire forme simboliche. La bambina avverte nausea, chiude la bocca e pensa sia meglio rinunciare al cibo. Cristo però non rinuncia a distribuire il pane del corpo del figlio ai fratelli.
Lo offre anche a lei e lei mastica, lo riduce a bolo, lo digerisce. Quel corpo si fa metafora del corpo e la metafora è pensabile in quanto c’è un corpo che è stato sacrificato e messo in croce, divenendo un corpo con il segno negativo davanti che permette che tutti gli altri corpi esistano, direbbe J. Lacan.
Il corpo di Chronos è stato ucciso dopo che lui ha ingerito i figli e dopo che i figli hanno dato una modernizzazione all’Olimpo grazie a Zeus che si congratula con Chronos per l’ottimo lavoro svolto.
Se i due fossero in Inghilterra, li troveremmo davanti un tavolino da tè alle cinque e sempre alle cinque con il Cappellaio Matto e la Lepre di Marzo, mai seduti allo stesso posto così da evitare di essere consumati dal tempo.

La madre genera, genera, genera ancora, ancorata a una femminilità che cattura l’altro dentro di sé per quel tempo che la renderà il fallo lei stessa. Calcisticamente parlando lei è ammonita a farlo, poiché si tratterebbe di un fallaccio. Pertanto, anch’essa deve tornare a farsi parte, a essere vuoto contenitore per ambigue parole. Meglio così riempirsi di nuovo illudendo l’espulso di essere tornato in auge. Ma il fallo porta rapidamente a pensare alla punizione. Si sa che a ripetere un fallo, ci si trova in faccia un cartellino rosso e non si può più giocare.
A questo pensa il dispositivo dello psicodramma che cerca la vitalità del simbolico anche quando essa sembra andata perduta, impedendo l’espulsione e la retrocessione.

 

“Quanto costa adottare una morte”

Bisognerebbe sempre fare i conti con il costo dell’adozione di una morte anche quando Chronos e Zeus banchettano assieme ai corpi dei figli non digeriti dal primo e al corpo del padre ucciso dal secondo, zombies originari.

“Ci sarebbe un maschile che potrebbe prendere l’ordine paterno” se venisse ordinato altrimenti la madre potrebbe mangiarsi anche il padre, se riuscisse a screditarlo. Grazie alla terapia, una ragazza cerca di ricostruire il padre morto. Altrimenti rimarrebbe in giro un fallo, fallato, che cerca riconoscimenti ma non offre riconoscenza, in quanto quello che lo identifica, è perdita economica e non distinzione tra consumo e desiderio. Si legge di lui che lo vogliano ritirare dal mercato in nome di una possibile class action che giace sotto quintali di faldoni illeggibili nella stanza di un giudice irreperibile.

“Di Chronos e Zeus come del Cappellaio Matto e la Lepre di Marzo”

Forse Chrono ingoia i figli e Zeus lo fa fuori per non esser messo in panchina, evitando la furia delle baccanti. I due nello stesso tempo sono morti e vivi, sono nemici e generatori dell’universo, sono ordine e disordine ma mai uno come la madre con il figlio, corpo unico che non deve crescere. La madre allucina un corpo a corpo con il figlio per non farlo divorare dalla violenza del padre, immutabile e pertanto non vivo.

Se così fosse l’uno non sarebbe mancanza dell’altro, insufficienza che ha dato origine alla cifra separandola dall’universo dell’indistinto. Preso atto di ciò, l’insieme -1 si è nascosto nell’ombra dell’uno, durante una sera di clinica del vivere, il dì 5 novembre 2021. La pausa allora non troverebbe la semicroma a darle il suo posto, la battuta calerebbe come colpo di maglio, l’archetto del violino si contorcerebbe lasciando ogni chiave girare a vuoto. La bacchetta che doveva dirigere l’orchestra, stende, colpisce e non attende al compito creativo dell’attesa.
Se non c’è separazione non c’è desiderio., non c’è presenza o assenza, non c’è passaggio di una chiave che offra simbolicamente l’appartenenza per chi Lavora nel CSM.
Le storie degli operatori si intrecciano con quelle dei pazienti, o li accompagniamo alla morte o ci vedono andare via. Il legame non crea ricordo se non possiamo giocare la rimozione della separazione, dato dal dare un ordine a nascita, crescita, morte e alla storia narrata dai testimoni e dagli scritti.

Le istituzioni sono delle madri che vanno via ma dovrebbero essere anche dei padri che passano il testimone autorizzando i figli a divenire orfani in senso simbolico: diventando madri e padri di sé stessi.

“Quando la notte si fa sempre buia”

Chiedi pertanto anche questo, mi volto per scoprire a chi tu l’abbia chiesto, lo chiedi a me, avvolti come siamo nell’ombra della notte che è sempre buia, narra la luna dei fratelli Grimm, tu lo chiedi a me e io lo chiedo a te.

In quella eternità non si possiede ombra e si disattende alla scissione originaria che proietta verso l’indeterminatezza, chiedendo di transitare nella incompletezza.

Senza ombra si manifesta il delirio di essere ricomposti, quindi ufficialmente morti, e non ci si accorge che sulle strisce è passato sopra di me o dell’altro un tir. Mentre passava, l’autista ha potuto solo vedere delle linee chiare e scure poiché colui che era stato chiamato ad uscire dal buio era cosa.
L’autista è stato assolto perché il fatto non sussiste poiché il buio è così reale che non c’è codice legislativo che lo contempli. Se lo facesse, taglierebbe con una luce l’indistinto, proponendo la fatica del sintomo.

In realtà qualcuno afferma che ogni codice, clinico, legislativo, musicale, letterario, psicoanalitico, pedagogico altro non faccia che venerare la divinità. E la divinità muta e cieca, non si fa legge, se non sostiene l’impercettibile oscillazione della sua bilancia che non può restare ferma, come non sarà mai fermo il rivoluzionare pendolo di Galileo.

Galileo rischia ancora di essere condannato per aver reso visibile l’invisibile ingordigia del sapere che non poteva vedere la miserrima piccolezza della cosa terra come la clinica non vede la sua pochezza quando è posta davanti all’ingordigia delle sue sentenze. Il sintomo bulimico si fa relazione con la madre onnipotente che non concede distanza né al figlio, né alla figlia, in quanto corpi indistinti senza ombra.

Nell’ombra, infine, il buco della serratura è difficile da trovare, la chiave tocca soltanto superfici dure e le graffia.

Il signor Celestine Freinet (1986-1966) consigliava, di chiudere gli occhi e avanzare con le mani avanti, delicatamente, sfiorando ciò che non si riconosce, lo definì il “tatonnement”. Ma appena ebbe definito un rivoluzionario metodi di conoscenza per non inimicarsi il buio, qualcuno cercò di trasformarlo in codice. Pare che non ci sia ancora una scuola “Freinettiana” a riportare nel buio la felice luce che ha proiettato quel piccolo uomo socialista sul futuro della trasmissibilità della ricerca. E ci auguriamo che non ci sia mai!

Nota finale

Il testo è stato elaborato sulle osservazioni delle dott.sse Annalisa Pascucci e Sarah Salvatore, realizzate il 05/11/2021 durante l’incontro di Polivisione con il dispositivo dello psicodramma analitico.

Il seminario non è gratuito; si richiede la fatica del proprio esserci e il desiderio della psicoanalisi. Per partecipare scrivere a nuovipercorsiviaborelli@gmail.com indicando il proprio nome, professione, numero di telefono per poter ricevere il link di accesso a meet.

“Per essere vivi bisogna essere separati…”

Introduzione al seminario di Polivisione del 5/11/2021 - h 20,00 - 21,30


Cosa accade quando una donna viene relegata nel ruolo di madre?

di Sarah Salvatore - psicologa - psicoterapeuta - socio SIPsA

Il lavoro di Polivisione sul tema della cura ha portato a riflettere sulla complessità del desiderio materno, non sempre esente da ambivalenze.

Lacan si è discostato dal modello anglosassone che proponeva il desiderio materno in termini di holding e rêverie, per introdurre una versione di madre che anziché assumere funzione di riparo dall’ angoscia, può talvolta, provocarla. Nel “Seminario Libro VII. Il rovescio della psicoanalisi” (1969-1970) offre l’immagine di una bocca spalancata di un coccodrillo per descrivere la spinta fagocitante di ogni madre, anche la più dedita ed amorevole.

 

Recalcati ne “Le mani della madre” (2015) sottolinea che quando il codice materno perdura oltre il periodo in cui è funzionale rischia di mettere in pericolo il processo di differenziazione tra il bambino e la madre.

 

Ma quando le cure materne possono degenerare in questo modo?

Recalcati, in linea con Lacan, individua l’origine di questa degradazione nella tendenza della madre ad annullarsi per il figlio, a vivere solo per lui e a dedicarsi senza alcun limite. L’esistenza di questo limite dovrebbe essere stabilita dal legame d’amore da cui la vita del figlio è scaturita, quel legame che separa l’esistenza della madre dall’ esistenza della donna. Senza questa distanza, madre e bambino si confondono dentro una simbiosi mortifera. In questi casi, non è solo il bambino ad essere divorato dalla madre, ma anche la donna viene fagocitata dalla madre, perché il suo desiderio viene assorbito da quello materno. Il mondo, allora, si contrae e non ammette la possibilità di tollerare nessuna separazione. Ma un legame senza possibilità di separazione non può che cancellare il desiderio.

Come è possibile liberare il soggetto dalla madre coccodrillo?

Per Lacan è la Legge del padre che salva dal rischio della divorazione materna. La Legge prevede una castrazione simbolica che rende impossibile il desiderio incestuoso e funge da interdizione dell’unione tra la madre e il bambino. Il Nome del padre proibisce la divorazione incestuosa preservando la differenza fondamentale tra “l’essere della madre” e “l’essere della donna”, affinché la libido della donna non venga sequestrata completamente e unicamente dal figlio. In questa ottica, il desiderio femminile è già una specie di Nome del Padre in quanto agente e garante della separazione.

BIBLIOGRAFIA

Lacan, J., Il seminario. Libro VII. Il rovescio della psicoanalisi. 1969-1970, Einaudi, Torino 2001.

Recalcati M. (2015). Le mani della madre. Milano. Feltrinelli.

Il seminario non è gratuito; si richiede la fatica del proprio esserci e il desiderio della psicoanalisi. Per partecipare scrivere a nuovipercorsiviaborelli@gmail.com indicando il proprio nome, professione, numero di telefono per poter ricevere il link di accesso a meet.

https://goo.gl/maps/mwatyd5JZVJXvL9m6 1

“E il contratto che stipulo mi chiama alla cura di te”

di Sarah Salvatore - psicologa - psicoterapeuta - socio SIPsA

Introduzione al seminario di Polivisione del 1/10/2021
organizzato dallo Studio Nuovi Percorsi e dalla SIPsA

Il lavoro del gruppo di Polivisione induce a riflettere sulla questione del “prendersi cura” nella relazione con l’Altro. Il caregiving è un fenomeno fondamentale dell’essere umano, evidente già nelle primissime https://goo.gl/maps/mwatyd5JZVJXvL9m6 1interazioni madre-bambino, ma è anche un aspetto caratterizzante la relazione terapeutica. L’analista può essere pensato come “contenitore materno”. Bion (1962) sviluppò questa idea formulando una teoria del contenimento materno e terapeutico e usò il concetto di identificazione proiettiva per far luce sull’ interazione interpersonale. All’ interno di quest’ottica, il bambino, piangendo, attua una forma di comunicazione proiettiva, attraverso la quale la sofferenza è sentita ed introiettata dalla madre. Se la madre è in quel momento in grado di svolgere abbastanza bene le sue funzioni, può fare un lavoro psichico al proprio interno che le permette di definire il problema e ciò che serve per risolverlo. Essendo capace di comprendere ciò che non va, la madre può intraprendere le azioni opportune, provvedendo al bambino, in modo da alleviarne le sofferenze. Il processo di definizione del malessere e del modo in cui affrontarlo viene comunicato al bambino attraverso l’atto di occuparsi di lui, ad esempio, nutrendolo. Si tratta di una proiezione di ritorno della sofferenza, trasformata in un’azione di comprensione (rêverie materna). Il bambino, una volta che la madre ha iniziato a provvedere e a dare assistenza alla sua sofferenza, può riprendersi tale esperienza (reintroiettarla) ma in una forma modificata. Attraverso l’introiezione dell’esperienza che è stata compresa, il bambino può arrivare ad acquisire la stessa comprensione che ha la madre. Per esempio, se la madre è attenta, egli può comprendere, attraverso i suoi interventi, che una determinata esperienza significa fame (ovvero richiede che qualcosa sia accostata alle sue labbra per essere succhiata e dare nutrimento). L’accumularsi delle occasioni in cui le esperienze vengono capite inizia a creare un’acquisizione, interna al bambino stesso, di un oggetto interno che ha la capacità di comprendere le sue esperienze. La Segal (1975) descrisse questa interazione madre-bambino come modello dello sforzo terapeutico dell’analista.

Un altro contributo fondamentale al tema della cura è stato fornito da Winnicott, che ha individuato nel rapporto madre-bambino il nucleo da cui trae origine lo sviluppo psichico dell’individuo, la formazione del Sé, la costituzione dell’Io e il rapporto con il mondo esterno.
Winnicott ha coniato l’espressione di madre sufficientemente buona per definire quella figura di accudimento capace di riconoscere i bisogni, sia fisici che psichici, del bambino e di adattarsi attivamente ad essi. La madre sufficientemente buona possiede la preoccupazione materna primaria, ovvero uno stato della mente che le permette di offrire al bambino un ambiente di Holding: spazio fisico e psichico protetto, in cui il bambino può sperimentare l’onnipotenza soggettiva, ovvero la sensazione di essere lui, con i suoi desideri, a creare ogni cosa. I desideri del bambino fanno sì che le cose accadano: se il bambino ha fame compare il seno materno. La madre sufficientemente buona si occupa di disilludere gradualmente il bambino e di condurlo verso un’esperienza di realtà oggettiva: il bambino si accorge che l’appagamento del suo desiderio richiede una negoziazione adattiva con gli altri. Tra le due esperienze ne compare una terza, l’area transizionale. In questo stadio l’oggetto si trova nel mezzo: non è né creato dal bambino ma nemmeno separato. L’oggetto transizionale è un’estensione speciale del sé del bambino, a metà tra la madre che il bambino crea nell’ onnipotenza soggettiva e la madre che scopre agire di sua iniziativa nel mondo oggettivo. L’esperienza transizionale ammortizza il salto tra un mondo in cui i desideri rendono reali i propri oggetti in modo onnipotente e un mondo in cui, affinché i propri desideri siano appagati, è necessaria la collaborazione con gli altri.
Winnicott introdusse uno stile terapeutico in cui la situazione analitica veniva equiparata alla relazione madre-bambino e mise in risalto la capacità dell’analista di riconoscere i bisogni primari del paziente. In questo senso, attribuiva al setting un ruolo fondamentale tanto quanto l’interpretazione: avvicinava il setting all’ holding, cioè alla capacità della madre di fungere da contenitore. In altre parole, Winnicott considerava il processo analitico come una replica riparatrice del processo naturale di crescita. Pertanto, considerava che per poter accedere in analisi a situazioni di carenza primaria erano necessari dei lunghi tempi di attesa, insieme ad un setting-contenitore sufficientemente buono che consentisse al paziente di costruire una fiducia di base, elemento fondamentale per la regressione e la ricostruzione.

BIBLIOGRAFIA
Bion W. (1962). Apprendere dall’ esperienza. Armando Editore, Roma.
Segal, H . (1975). A psycho-analytic approach to the treatment of schizophrenia. In: Lader, M. (Ed.) Studies of Schizophrenia. Headley Bros, Ashford, pp.94-97.
Winnicott D. W. (1971). Gioco e realtà. Armando Editore, Roma.

Scrivere a nuovipercorsiviaborelli@gmail.com indicando il proprio nome, professione, numero di telefono per poter ricevere il link di accesso a meet.

occhi che osservano con dolcezza

INCONTRO CON L’OSSERVAZIONE DIRETTA

L’OSSERVAZIONE DIRETTA
E LA SUA APPLICAZIONE IN CAMPO EDUCATIVO
NELLO STUDIO REALIZZATO A BARCELLONA

organizzato in collaborazione con Studio Multidisciplinare Nuovi Percorsi, via Borelli 5 Roma
28 maggio 2021 h 19 – 20,30,  piattaforma meet

occhi che osservano con dolcezzaQuesto incontro presenterà come si è svolta un’esperienza di ricerca in ambito educativo e formativo in cui è stata utilizzata la metodica dell’osservazione diretta. Verrà illustrato ciò ha portato alla definizione di un modello di apprendimento che ha aiutato ad ampliare e modificare lo sguardo dell’adulto sull’infanzia.

Introduce il webinair: Nicola Basile – psicoanalista, membro didatta della SIPsA, che ha collaborato alla costruzione della Metodica dell’Osservazione Diretta.
L’esperienza verrà presentata dall’antropologa dott.ssa Pau Farras Ribas che ha svolto la ricerca.
Seguirà conversazione su esperienze di osservazione in ambiti educativi e formativi-

Per ricevere il link contattare i seguenti recapiti:
mail_nuovipercorsiviaborelli@gmail.com
Nicola Basile – 3296322722

Jung e lo Psicodramma junghiano

 

                                                 

Il Centro Didattico della SIPsA Aletheia, nell’ambito del proprio programma di divulgazione della  psicoanalisi e del dispositivo dello psicodramma analitico, in collaborazione con lo studio multidisciplinare Nuovi Percorsi di via Borelli 5, Roma, sabato 15 maggio, alle ore 10,00 su piattaforma Meet, è lieto di invitarvi all’incontro su “Jung e lo Psicodramma junghiano”.

Giacometti scultura

La dott.ssa Alessandra Corridore, Psicoterapeuta, Psicologa Analista con funzione di docenza CIPA, associato SIPsA, Docente di Psicologia Sociale della Famiglia presso l’Università degli Studi dell’Aquila ci introdurrà alla psicologia analitica e allo psicodramma junghiano, teatro d’immagini, “sacro temenos” in cui si intrecciano narrazioni e si attivano processi creativi della psiche individuale e di gruppo.

La discussione sarà coordinata dal dott. Nicola Basile, didatta SIPsA. In base al numero dei partecipanti si potrà avviare una breve sessione di psicodramma analitico.

Si consiglia lettura:

Il seminario terminerà alle 12,30.

Per partecipare richiedere il link, lasciando le proprie generalità e numero telefonico ad uno dei seguenti recapiti:

  •  nuovipercorsiviaborelli5@gmail.com;
  •  cell. studio Nuovi Percorsi: 3516369902
  •  cell. Nicola Basile: 3296322722
  •  tel. fisso Nuovi Percorsi: 067020310 (risponde segreteria automatica)

Cordiali saluti
dott. Nicola Basile
Responsabile Cd Aletheia SIPsA

C'est Polyvision! vu par Abel Gance

Polivisione 20 novembre 2020


Incontro di “Polivisione”
con il dispositivo dello Psicodramma Analitico”…
affinché la parola della clinica, dell’incontro,
non resti privata del suo pubblico …
per proseguire nella ricerca di ciò che si nasconde. 
*20 Novembre 2020* h 19:00 – 20,30

Saremo sempre isole,
isolati dentro isole,
necessario isolamento.
Potete girare attorno
alla isola confine
non varcare.
È un confine che confina,
retaggio di quel confino,
marchio di Resistenza.

Questione che va dall’infanzia
alla terza e oltre età.
Pianto, lugere.
Vorresti riunirti a me?

Polivisione aperta a tutti coloro che hanno partecipato all’incontro del 23 ottobre e a un certo numero di invitati da parte dello studio. Il lavoro verterà sullo scandagliare cosa fa emergere in ciascun partecipante, prima di tutto soggetto desiderante in relazione con la società, la rielaborazione del caso clinico a cura delle dott.sse Silvia Brunelli e Silvia Salerno. Condurrà il gruppo prima in setting di discussione del caso e poi in setting di gruppo di psicodramma analitico, il dott. Giuseppe Preziosi.
Osserverà il dott. Nicola Basile.

Le iscrizioni necessarie per ricevere il topic di accesso, si possono fare inviando una mail a:
• nuovipercorsiviaborelli@gmail.com;
• lasciando un messaggio con nome, cognome e numero telefonico alla segreteria dello studio: tel. 067020310.
La partecipazione agli incontri non è gratuita: è richiesto il desiderio di mettersi in gioco e dare il proprio apporto culturale e professionale.

L’illustrazione: “L’isola dei giocattoli” di A. Savinio

C'est Polyvision! vu par Abel Gance

Riprendiamo gli incontri di “Polivisione” 2020 – 2021

Riprendiamo gli incontri di “Polivisione” con il dispositivo dello Psicodramma Analitico”… affinché la parola della clinica, dell’incontro, non resti privata del suo pubblico … per proseguire nella ricerca di ciò che si nasconde. (1)

Premessa

In questi ultimi mesi il nostro desiderio ha investito energie preziose e vitali per contrastare la pulsione di morte manifestatasi in modo esemplare attraverso la pandemia.
Il nostro compito, come quello che con entusiasmo portò alla scoperta della psicoanalisi di gruppo con Wilfred R. Bion (2), o che fece fare passi da giganti a Sandor Ferenczi (3) sulla pulsione di morte, non è quello di sostituire magicamente la psicoanalisi alla ricerca febbrile della medicina, alla corsa degli Stati per trovare leggi economiche che non calpestino la vita e che convivano con la democrazia, ma quello di rimodulare il conflitto che fa negare il limite, la negazione della morte, affinché la vita, la pulsione di vita possa affermare il suo carattere creativo.

Allo scopo di rendere visibile a un pubblico (4) accomunato dal piacere della psicoanalisi il vasto materiale prodotto nelle sessioni di polivisione, durante i mesi di lockdown, il gruppo di lavoro dello Studio Nuovi Percorsi di Roma, con sede in via A. Borelli 5, è all’opera per renderne possibile una lettura web. L’impegno editoriale è stato affidato al dott. Nicola Basile e alla nostra amica dott.ssa Viviana Sebastio (5). I curatori della pubblicazione si sono dati un tempo breve, dicembre 2020. I nostri auguri per il loro impegno.

Riprendiamo a partire da ottobre, il progetto di “Polivisione” della clinica, in stretta collaborazione con La Società Italiana Psicodramma Analitico (6) affinché la clinica sull’infanzia e l’adolescenza, arrechi pensiero alle attività umane che offrono crescita al soggetto uomo in sintonia con l’ambiente.

Calendario dei prossimi incontri in setting a distanza su piattaforma zoom

*23 Ottobre 2020* h 19:00
Polivisione per psicologi, psicoterapeuti, Terapisti della Neuro Psicomotricità dell’Età Evolutiva, logoterapisti, educatori di comunità, docenti.
Presenterà il caso clinico la dott.ssa Silvia Salerno.
Condurrà il gruppo prima in setting di discussione del caso e poi in setting di gruppo di psicodramma analitico, il dott. Nicola Basile. Osserverà il dott. Giuseppe Preziosi.

*20 Novembre 2020* h 19:00
Polivisione aperta a tutti coloro che hanno partecipato all’incontro del 23 ottobre e a un certo numero di invitati da parte dello studio. Il lavoro verterà sullo scandagliare cosa fa emergere in ciascun partecipante, prima di tutto soggetto desiderante in relazione con la società, la rielaborazione del caso clinico a cura delle dott.sse Silvia Brunelli e Silvia Salerno. Condurrà il gruppo prima in setting di discussione del caso e poi in setting di gruppo di psicodramma analitico, il dott. Nicola Basile. Osserverà il dott. Giuseppe Preziosi.

*11 Dicembre 2020* h 19:00
Polivisione per psicologi, psicoterapeuti, TNPEE, logoterapisti, educatori di comunità, docenti e a coloro degli invitati che siano interessati al pensiero psicoanalitico. Il dott. Giuseppe Preziosi e il dott. Nicola Basile presenteranno una rielaborazione clinica dei precedenti incontri, individuando alcuni nodi della teoria psicoanalitica che il lavoro ha fatto emergere. Condurrà il gruppo, prima in setting di discussione del caso e poi in setting di gruppo di psicodramma analitico, la dott.ssa Silvia Brunelli. Osserverà il dott. Nicola Basile.

Le iscrizioni necessarie per ricevere il topic di accesso, si possono fare inviando una mail a:
• nuovipercorsiviaborelli@gmail.com
• lasciando un messaggio con nome, cognome e numero telefonico alla segreteria dello studio: tel. 067020310.
La partecipazione agli incontri non è gratuita: è richiesto il desiderio di mettersi in gioco e dare il proprio apporto culturale e professionale.

Note

[1] Testo elaborato da N. Basile con l’editing di Viviana Sebastio su proposta del gruppo di lavoro sulla Polivisione dello Studio Nuovi Percorsi di via A. Borelli 5, Roma

[2] W. R. Bion – Esperienze nei gruppi – Armando editore

[3] https://www.spiweb.it/spipedia/ferenczi-miskolc-sandor/

[4] S. Gaudé – Sulla rappresentazione. Narrazione e gioco nello Psicodramma – Alpes Italia

[5] https://www.linkedin.com/in/vivianasebastiotraduzioni/

[6] https://sipsapsicodramma.org/

E-book

“Conserve” di Giuseppe Preziosi. Non presentazione di un libro in quattro puntate.

E-book
E-book di G. Preziosi

Quando ci portiamo a spasso, non abbiamo di certo necessità di pensare a quanti tendini stiamo mettendo in movimento, né a quante calorie alla fine del movimento, sensato o insensato che sia, avremo bruciato.
In generale, escludendo tutti i casi di ossessione salutistica o di vero allenamento sportivo, quando andiamo in giro con noi stessi, non pensiamo a prendere con noi il corpo ma tutto che ci servirà o dovrebbe servire.
Le chiavi di casa, quelle della bicicletta, della macchina, la patente, da qualche tempo la mascherina e il gel per le mani, ricevono le nostre attenzioni, il corpo viene da sé stesso, non direi come il cane ma in modo molto simile, quasi automatico, con tutto rispetto per il cane che di automatico non fa mai nulla.
Il corpo è l’alter ego con cui dialogare al momento di entrare nel mondo onirico, quello notturno che abbiamo sempre necessità di far convivere con quello diurno. È sempre lui che ci permette di poter riposare o passare una pessima nottata, al termine della quale saremo lieti di vedere la luce, come fosse il primo giorno di una fuga da clandestini.
Il corpo ci serve e non possiamo dimenticare di conservarlo.
Il corpo è ciò che siamo e ciò di cui non possiamo curarci ogni attimo, pena l’impossibilità di essere noi stessi. Una contraddizione insanabile ai cui estremi sta utilizzare il corpo per farne il recettore di dipendenze e dall’altra l’unico interesse di una vita che diviene schiava di un corpo immaginario. In qualche modo una dimostrazione delle teorie in cui è possibile far coincidere gli opposti.
In mezzo agli estremi di cui sopra, i corpi si scontrano, si incontrano, si distanziano, si infettano, vanno osservati da occhi clinici, sono causa di sguardi sensuali, senza il corpo non ci sarebbe sessualità, che poi la sessualità si arricchisca di eros, è un altro discorso. Il corpo non ne capisce niente di eros ma ogni sua parte può diventare quel meraviglioso oggetto di pensiero che fa da traino al desiderio. Se poi musica e coreografia si mettono a dare corpo alla poesia e all’arte, il corpo fa danzare ombre e lampi che non hanno posto tra le parole ma senza le quali non troverebbero espressione sui palcoscenici, al chiuso o all’aperto che vogliamo immaginare e che in questi giorni mancano.
Il mio corpo ha solo la mia storia, mi viene da affermare. Ne ricordo in modo quasi affettuoso, i momenti in cui mi ha permesso di attraversare un passaggio in parete come di fermare il passante a rete di un avversario ben tenace. Ne ho un buon ricordo anche quando l’ho accompagnato a farsi mettere a posto, piccole manutenzioni, nulla di più, che hanno però richiesto qualche notte in piedi.
L’affermazione che il mio corpo conservi solo la mia storia è un altro inganno. Il mio corpo porta con sé l’esplorazione che milioni di anni hanno compiuto esseri umani sui loro corpi. Tuttavia, poiché il peso di milioni di anni mi sembra eccessivo da portare, preferisco pensare a una storia più recente del corpo. Essere buoni servi del corpo, nel significato di essere coloro che ne sanno più del padrone del corpo, è un concetto che è sempre utile rammentare.
Non va dimenticato però che è qualità del servo saper osservare e saper conservare. Servo, non schiavo, chiaramente.
Tra le letture che ci propone il catalogo di Polimnia Digital Editions è apparso recentemente il testo di Giuseppe Preziosi “Conserve”. E già stiamo tutti pensando a quelle meraviglie del palato che l’eredità culturale della campagna, ci ha consegnato.
Devo deludere il lettore, odori e sapori della cucina non saranno presenti, se non marginalmente, nel testo di Preziosi che ha dato alle stampe solo la prima, delle quattro parti, che comporranno l’intera opera.
Troveremo invece un certo Ottavio Scarlattini che nel 1685, arciprete di Castel San Pietro e precursore di Quentin Tarantino, invitava a riutilizzare un corpo senza vita con “…tecniche di preparazione del “liquore”, fluido cadaverico dalle molteplici capacità terapeutiche, (somiglianti ndr) … a pratiche culinarie.>> (pag. 8). Lo stesso arciprete non disdegnava nemmeno i santi la cui imbalsamazione “rifletteva un ideale di paradiso che era un luogo di corpi, di membra risanate e ormai impassibili, non soggette a decadimento” (pag. 20).
L’immaginario di membra sparse e sante ha condotto la storia di santi e sante durante tutto il medioevo, in un contrabbando di capelli, unghie e maschere, che ritroviamo oggi esposti in mille splendidi luoghi di culto in tutta Europa. Passano i secoli e la stessa trance conservativa si ritrova oggi in quelle aziende che dal 1967 si fanno pagare per conservare corpi che attendono una risurrezione scientista. In pratica uomini e donne pagano affinché il loro corpo, post mortem, venga conservato nel freddo, sperando che un domani, qualcuno, trovi il modo di ridargli vita.
Il corpo a cui Giuseppe Preziosi, psicoanalista che anima il nostro studio, ha dato parola nel primo capitolo della sua opera prima “Conserve”, è un oggetto per tanti contenitori, o, in modo simmetrico, è un contenitore di tanti oggetti dell’immaginario umano che vive nel mondo onirico del diurno come in quello del notturno in una relazione biunivoca.Come ci insegna Bion è il corpo che ha trovato parola grazie alle donne che hanno fondato la psicoanalisi insieme a Freud.

In conclusione, affinché andiate a leggere, Conserve, Polimnia Digital Edition,  vi suggerisco di trovare la soluzione a un piccolo giallo che si nasconde nelle pieghe di questo primo capitolo.
Chi si nasconde dietro il soggetto che tanto interessa lo scrittore?